L’analisi dei dati di inflazione statunitense della scorsa settimana evidenzia che l’indice dei prezzi al consumo core è aumentato dello 0,32% su base mensile, portando il tasso annuale al 3,1%, Payden&Rygel

 

inflazione, Euro

I dazi non rappresentano al momento un driver significativo. La componente shelter ha inciso per circa il 32% sull’incremento mensile, seguita dal massimo triennale dei servizi sanitari (spinti in particolare dai servizi dentistici) e dal rialzo dei servizi di trasporto (trainato dalle tariffe aeree). Nel complesso, queste tre voci hanno spiegato oltre il 70% della crescita del core CPI di luglio.

Il contributo riconducibile ai dazi—household furnishings and supplies (arredi e forniture domestiche)—è risultato inferiore al 10%. Anche il Producer Price Index (PPI) è cresciuto dello 0,9% a luglio, ma soltanto una parte limitata delle sue componenti confluisce nella misura di riferimento della Federal Reserve, il core PCE.

Inoltre, comparti rilevanti come le importazioni portuali e i servizi aerei passeggeri non risentono direttamente dei dazi e difficilmente potranno tradursi in pressioni inflazionistiche persistenti. In sintesi, l’inflazione statunitense non mostra al momento segnali di essere trainata dalle politiche tariffarie.


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