a cura di Pinuccia Parini

Nel 2022 l’economia indonesiana ha registrato il tasso più rapido degli ultimi nove anni: +5,31% rispetto a +3,7% del 2021. In prospettiva, nel 2023, è previsto che il trend al rialzo continui in una fascia compresa tra il 4,5% e il 5,3%, grazie all’aumento della domanda interna sotto forma di consumi e investimenti delle famiglie. Le ultime proiezioni sono in linea con l’incremento della mobilità pubblica dopo la completa abrogazione da parte del governo delle restrizioni sulle attività, con le prospettive promettenti per le imprese, con l’aumento degli afflussi di investimenti diretti esteri e con il completamento dei progetti strategici nazionali in corso. La crescita del 2022 è stata trainata dai consumi delle famiglie e dalle esportazioni di materie prime, i cui prezzi al rialzo hanno sostenuto la rupia e migliorato le partite correnti. 

Nella riunione di febbraio, la Banca centrale d’Indonesia (Boi) ha lasciato i tassi invariati (5,75%), una decisione che lo stesso istituto definisce coerente con l’orientamento di politica monetaria volta a garantire aspettative di inflazione e inflazione più basse in futuro. La politica di stabilizzazione della rupia per controllare l’inflazione importata è stata rafforzata con la gestione dei proventi delle esportazioni in valuta estera.

La quarta popolazione

L’Indonesia, un arcipelago di oltre 300 gruppi etnici, è la più grande economia del Sud-Est asiatico e ha registrato una crescita economica sorprendente da quando ha superato la crisi finanziaria del Far East della fine degli anni ‘90. È la quarta nazione più popolosa del mondo e la decima economia in termini di parità di potere d’acquisto. Sono stati fatti progressi significativi nella riduzione del tasso di povertà, sceso di oltre la metà dal 1999, fino ad arrivare a meno del 10% nel 2019 (rif.:https://www.worldbank.org/en/country/indonesia/overview). La pandemia, però, ha rallentato questo miglioramento e la nazione è passata dallo status di reddito medio-alto a quello di reddito medio-basso a partire dal luglio 2021. Il Covid-19 ha anche parzialmente invertito i recenti progressi nella riduzione della povertà, passando dal minimo storico del 9,2% a settembre 2019 al 9,7% esattamente due anni dopo. Il paese è un importante esportatore di petrolio greggio e gas naturale. Inoltre, l’Indonesia è uno dei principali fornitori mondiali di gomma, caffè, cacao e olio di palma e produce anche un’ampia gamma di altri prodotti di base. L’esplorazione diffusa di giacimenti di petrolio e altri minerali ha portato a una serie di progetti su larga scala. Negli anni la struttura economica del paese è cambiata, spostandosi dal settore primario alle industrie secondarie e terziarie (manifattura, commercio e servizi). All’inizio degli anni ‘90, il manifatturiero ha superato l’agricoltura in termini di contributo al Pil e ha continuato a essere la principale componente dell’economia del paese. Per quanto riguarda la pianificazione economica, il governo segue il Piano nazionale di sviluppo a lungo termine (Rpjpn 2005-2025).

Uno sviluppo programmato

Il Rpjpn è suddiviso in quattro fasi, ciascuna della durata di cinque anni, chiamate Piano nazionale di sviluppo a medio termine, attraverso il quale i governi possono stabilire le proprie priorità nel processo di sviluppo economico nazionale. La visione e la missione del Rpjpn sono di creare un paese sviluppato e autosufficiente, giusto e democratico, pacifico e unito. Esso deve quindi incoraggiare una crescita che garantisca la più ampia uguaglianza possibile, uno stato di diritto equo, coerente, non discriminatorio, in grado di accogliere le aspirazioni della società in cambiamento. All’interno del piano, sono indicati i seguenti principali obiettivi economici. Innanzitutto la creazione di una struttura solida in cui l’attività agricola (in senso lato) e quella mineraria costituiscano la base di un’economia che produce prodotti in modo efficiente e moderno, dove l’industria manifatturiera diventi il motore trainante e i servizi siano il collante della resilienza economica. Entro il 2025 il reddito pro capite dovrebbe raggiungere circa 6 mila dollari in combinazione con un livello relativamente buono di equità, mentre la quantità di poveri non dovrebbe superare il 5% della popolazione totale. Infine, è previsto che sia raggiunta l’autosufficienza alimentare e sia mantenuta a livelli sicuri.

Stabilità politica e riforme

Ma che cosa è successo negli ultimi 10 anni che ha permesso la crescita dell’Indonesia, che nel 2013 era identificata come uno dei cinque paesi fragili dell’area emergente, insieme a Turchia, Sud Africa, India e Brasile? Uno dei fattori significativi è stato la stabilità politica, iniziata nel 2014 con la nomina di Joko Widodo (conosciuto come Jokowi) alla carica di presidente, in un momento di vulnerabilità del paese. Durante i suoi due mandati, di cui il secondo sta volgendo al termine, non solo è riuscito a raccogliere un ampio consenso, ma ad avere intorno a sé persone, anche non allineate alle sue posizioni, che lo hanno aiutato a fare progredire una serie di riforme. Nei primi cinque anni l’impegno è stato principalmente di dotare il paese di infrastrutture adeguate e attirare investimenti esteri. In merito alle infrastrutture, lo sforzo è stato notevole: dalla realizzazione di autostrade a quella di aeroporti, porti e dighe. Per quanto riguarda, invece, gli investimenti esteri, è stata importante la riforma del mercato del lavoro, che ha introdotto regole più flessibili sull’impiego della mano d’opera, facilitando così l’ingresso nel paese di società straniere, che proprio in quel periodo stavano cercando opportunità, nella regione, di diminuire la loro dipendenza dalla Cina. Nell’arco del secondo mandato, il focus della politica di Jokowi è stato invece riformare le aziende a partecipazione statale e sviluppare alcune industrie, come ad esempio quella del nickel.

Il ruolo delle soe

Per quanto riguarda il primo aspetto, va ricordato che le aziende di stato indonesiane (state owned enterprise-soe) ricoprono un ruolo cruciale nella vita economica del paese, con un patrimonio di 600 miliardi di dollari, pari a più della metà del prodotto interno lordo annuale dell’Indonesia. Esse svolgono un ruolo chiave in una serie di settori critici, tra i quali l’elettricità, i prodotti farmaceutici, i servizi di navigazione aerea, la distribuzione alimentare e la logistica, per citarne alcuni.  Allo scopo di rendere questa realtà più dinamica e imprenditoriale, il Ministero delle aziende di stato ha lanciato nel 2019 un’ambiziosa tabella di marcia quinquennale di riforme. Il primo obiettivo è rendere le soe più efficienti, concentrate maggiormente sulle loro attività principali, e operare un consolidamento al loro interno. Il secondo è migliorarne la trasparenza e la qualità della governance, che non possono prescindere (terzo obiettivo) da una più elevata qualità della leadership e del capitale umano. Il ministero ha così rafforzato i criteri di selezione dei membri dei consigli di amministrazione e dei direttori delle aziende di stato, reclutando dirigenti di talento anche dal settore privato, e sta investendo in programmi di formazione per aggiornare i manager e i lavoratori esistenti. Come primo passo di un lungo percorso verso un maggiore equilibrio e diversità di genere, si vuole anche garantire che le donne occupino il 25% dei posti nei consigli di amministrazione di ogni soe e che i millennial occupino il 10% dei posti di amministratore entro il 2023. Il ministero sta, inoltre, promuovendo attivamente la quotazione in borsa delle aziende di stato. 

Un hub Ev nel Sud-est asiatico

La creazione di una forte industria di downstream delle materie prime è stata l’altra priorità di Jokowi durante il suo secondo mandato. In particolare, il governo ha spinto per la raffinazione delle materie prime in loco, invece di esportare esclusivamente minerali grezzi. Nello specifico, per quanto riguarda, ad esempio, l’industria del nickel, l’Indonesia detiene il 22% delle riserve mondiali e il divieto di esportazione del minerale non lavorato, annunciato nel 2019 e diventato effettivo nel 2020, ha provocato importanti spostamenti nelle catene di approvvigionamento di prodotti strategici. La finalità della decisione presa dal governo è stata di indirizzare le esportazioni verso prodotti a maggiore valore aggiunto, anziché limitarsi alle materie prime. L’obiettivo è attrarre investimenti esteri,  fare diventare l’Indonesia un hub globale nella produzione dei veicoli elettrici e di batterie e migliorare la sua posizione nelle catene globali del valore. Lo scorso novembre, l’Indonesia Investment Authority, il fondo sovrano del paese, ha annunciato che creerà un fondo per veicoli elettrici verdi (Ev) di almeno 2 miliardi di dollari con il produttore cinese di batterie Catl e Cmb International. Il fondo investirà nella catena del valore dei veicoli elettrici, il cui mercato in Indonesia è in crescita, con 2,1 milioni di moto elettriche e 400 mila auto elettriche che dovrebbero essere vendute entro il 2025.

Un decennio di presidenza

L’operato di Jokowi, durante i suoi quasi dieci anni di presidenza, non è però scevro da critiche, perché, nonostante gli impegni presi, la democrazia nel paese ha sofferto. Durante il suo primo mandato, i diritti umani, lo stato di diritto e la protezione delle minoranze sono stati indeboliti. Nel secondo, non si è assistito a particolari miglioramenti della situazione. Alcuni sostengono che il presidente abbia messo da parte la democrazia a vantaggio dello sviluppo economico, la sua principale priorità: sotto di lui le libertà civili sono diminuite, la lotta alla corruzione e i controlli legislativi si sono indeboliti e il ruolo delle forze armate negli affari civili è cresciuto. Freedomhouse riporta che dalla caduta del regime autoritario, nel 1998, l’Indonesia ha compiuto notevoli progressi democratici, instaurando un significativo pluralismo nella politica e nei media e subendo molteplici e pacifici trasferimenti di potere tra i partiti. Tuttavia, il paese continua a lottare con sfide quali la corruzione sistemica, la discriminazione e la violenza contro le minoranze.

Il punto di domanda, che pesa sul futuro del paese, è chi sarà il successore dell’attuale presidente, il cui mandato scadrà nel 2024, visto che quest’ultimo non ha ancora dato indicazioni sul suo possibile successore. Per quanto criticabile, Jokowi è riuscito a garantire non solo stabilità al paese, ma a disegnare una traiettoria di crescita che ha favorito, sia le attività imprenditoriali, sia la presenza di investimenti esteri. Nel 2019 Joko Widodo ha lanciato Wawasan Indonesia 2045, una visione del percorso che il paese dovrà intraprendere per diventare una delle prime cinque economie del mondo entro, appunto, il 2045, anno in cui si commemorerà il centenario della sua indipendenza. Chi raccoglierà questa eredità avrà certo sulle spalle un compito facile.

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Pinuccia Parini

Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav