a cura di Kelony
Un dato di fatto è che l’intelligenza artificiale (Ai) è una supremazia emergente impiegata in un sempre maggiore numero di settori. Parimenti è fortemente criticata e usata anche laddove non si è pienamente consapevoli del suo utilizzo e dei rischi che si corrono. Si sta parlando di una tecnologia che, a livello mondiale, è destinata a mettere a segno una crescita costante. Ma l’Ai rappresenta veramente l’investimento rivoluzionario del futuro? È il caso di porci la domanda se investire in questa tecnologia è una scelta giusta oppure no? Prima di tutto è fondamentale analizzarla e capire che l’Ai non è tutta uguale.
Ogni volta che ci si trova di fronte a qualcosa di nuovo come una tecnologia dirompente e rivoluzionaria, le tipiche reazioni vanno dalla (i) curiosità, alle (ii) grandi aspettative, (iii) passando alla paura e alle critiche, dovute anche a ignoranza di fronte a un fenomeno nuovo, (iv) per arrivare, infine, all’impennata del cambiamento che spazza via tutto il passato. L’Ai si trova attualmente tra la seconda e la terza fase: quella della critica.
Diverse personalità, infatti, quali Steve Wozniak, cofondatore di Apple, ed Elon Musk, proprietario di Twitter e fondatore di SpaceX e Tesla, hanno fatto pressione per chiedere una moratoria di sei mesi sull’Ai. È chiaro, quindi, che attualmente non c’è un leader e che, laddove l’Europa sta cercando di normare le Ai, con la giusta preoccupazione di salvare i diritti fondamentali, dal mercato statunitense provengono pressioni con critiche commisurate alla posta in gioco.
Non si ferma il progresso
La storia purtroppo insegna che non sarà un ritardo di alcuni mesi a proteggere dal rischio di perdere il controllo della nostra civiltà: il periodo trascorso dopo la scoperta di Marie Curie non è stato utilizzato per il bene dell’umanità, ma per perfezionare un’arma con un potenziale di annientamento che ancora oggi non ha eguali. Nessuna forma di proibizione intellettuale, di moratoria o addirittura di inquisizione ha mai fermato la marcia del progresso; piuttosto è meglio muoversi in direzione delle nuove aspettative sociali dell’epoca in cui si inserisce. Quindi, a parte la lettera aperta, emotiva e polemica, pubblicata dagli illustri firmatari, l’intelligenza artificiale è spesso criticata per diversi motivi; vediamone alcuni.
Conoscerla per investire
Se si prova a capirne il significato a partire dal termine, si intuisce che si tratta di un tropo, una sorta di sineddoche particolarizzante centrata sul termine astratto “intelligenza”, destinata ad abbellire e umanizzare una caratteristica deviata dal suo significato letterale. Infatti, l’Ai non è intelligente. In realtà, è un uso intensivo di algoritmi massivamente ricorsivi. È quindi etimologicamente stupida, perché manca di intelligenza, nel senso di giudizio, di riflessione. Anche se sicuramente sorprende i non iniziati con le sue prestazioni. Al di là della conoscenza che le è stata instillata a monte nella fase di programmazione, l’Ai è in grado di sviluppare autonomamente conoscenze procedurali che non erano contenute in forma esplicita nelle sue banche dati, ma che sono state prodotte per inferenza, generando così risultati “disumani” grazie alla sua velocità di calcolo; ma queste risposte non vanno confuse con un prodotto intelligente.
Nel campo delle intelligenze artificiali, sono due i principali ambiti di ricerca: quelli che mirano a replicare le attività cognitive dell’uomo, (le cosiddette Artificial general intelligence-Agi), e l’Ai predittiva. Per quanto riguarda le Agi, note anche come “Ai forti”, c’è al massimo un centinaio di progetti simili al mondo a causa delle difficoltà di ricerca teoriche e tecniche e degli investimenti cospicui che richiedono.
Un passo avanti
L’Ai predittiva rappresenta un passo avanti; sebbene gli esseri umani siano dotati di coscienza, nel senso di una mente, hanno solo capacità predittive limitate, anche se non inesistenti. Sebbene le persone non abbiano i sensori per cronometrare lo scorrere del tempo, per vedere nella gamma degli infrarossi o per essere consapevoli dei livelli di radiazione, sono tuttavia in grado di prevederli. Ma vi sono parecchi bias mentali o errori metodologici nei quali incorriamo, quali, ad esempio, la fallacia della causa singola o le carenze di misurazioni che richiedono l’ausilio di altri strumenti. Oltre, quindi, all’inadeguatezza delle opzioni tradizionali, l’esigenza preponderante di avere una Ai predittiva è la causa esogena di un mondo non lineare, sempre più instabile, che richiede strumenti predittivi accurati.
Da un lato l’evoluzione di sistemi di intelligenza artificiale è costante e va oltre il tentativo di normarla e delle definizioni, dall’altro lato molti parlano di intelligenza artificiale con qualsiasi algoritmo mettano in uso, ma, approfondendo meglio, si vede che in realtà ciò che viene spacciato per tecnologia rivoluzionaria possiede, a volte, algoritmi antidiluviani.
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Redazione
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