Una nuova stagione per il mercato dell’arte italiano: con l’approvazione dell’articolo 8 del cosiddetto Decreto Omnibus, il Consiglio dei Ministri ha deciso di abbassare l’IVA dal 22% al 5% sulle compravendite di opere d’arte, oggetti d’antiquariato e beni da collezione come francobolli, monete e libri antichi.
Una svolta attesa da tempo
La misura, annunciata ufficialmente venerdì 20 giugno, allinea l’Italia alle aliquote più vantaggiose d’Europa, dove solo Cipro, Malta e Regno Unito applicano una tassazione simile, ma esclusivamente sulle importazioni. Ora, invece, anche il mercato interno italiano può contare su un regime fiscale fortemente agevolato sostenendo il rilancio un settore strategico per l’economia culturale del Paese.
“Abbiamo finalmente introdotto l’aliquota IVA ridotta per la compravendita di opere d’arte: una decisione che risponde alle esigenze di un intero comparto e che ci permette di colmare un evidente svantaggio competitivo rispetto ad altri Paesi europei”, ha dichiarato il Ministro della Cultura Alessandro Giuli durante una conferenza stampa nella Sala Spadolini del Collegio Romano. “È una scelta che restituisce slancio a galleristi, antiquari, artisti, restauratori e professionisti del settore, valorizzando un ecosistema fondamentale per la nostra identità culturale.”
Secondo un’analisi condotta da Nomisma, il precedente regime IVA rappresentava un freno allo sviluppo del mercato italiano, penalizzato dalla tassazione più alta d’Europa. Francia e Germania, ad esempio, applicano già aliquote agevolate (rispettivamente del 5,5% e del 7%) grazie alla direttiva europea 542/2022, che ha concesso agli Stati membri maggiore flessibilità nel definire l’imposizione fiscale sul commercio dell’arte.
Gli effetti della nuova normativa potrebbero essere notevoli: Nomisma stima che l’abbassamento dell’IVA potrà generare un incremento del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro in tre anni, con un impatto economico complessivo sull’indotto che potrebbe superare i 4 miliardi. Al contrario, mantenere l’aliquota al 22% avrebbe rischiato di far perdere fino al 28% del volume d’affari del settore, con ricadute particolarmente gravi per le piccole gallerie, alcune delle quali avrebbero potuto registrare cali fino al 50%.
Con questa riforma fiscale, l’Italia si rimette in gioco in un mercato globale sempre più competitivo, offrendo nuove prospettive a una filiera che unisce tradizione, innovazione e cultura.