I commenti post riunione a cura di Franklin Templeton, Pictet, Pimco, AcomeA e Columbia Threadneedle
La BCE ha fornito delle direttive sintetiche per il prossimo futuro, favorendo un rientro del nervosismo in cui versavano i mercati
Andreas Billmeier, european economist presso Western Asset (parte di Franklin Templeton)
In linea con le nostre aspettative secondo cui “semplificare” è la parola d’ordine dell’azione della BCE, il Consiglio direttivo ha deciso di non introdurre l’ennesimo nuovo programma, anche se solo come sostegno. La BCE prevede invece di aumentare temporaneamente la quantità di acquisti di obbligazioni nell’ambito dell’APP nel secondo e terzo trimestre del 2022, ma ridurrà gli acquisti di PEPP già nel primo trimestre per facilitare la transizione ed evitare un’improvvisa riduzione dell’ammontare degli acquisti.
Allo stesso tempo, la BCE si è mantenuta flessibile nel caso in cui si verificassero eventi sfavorevoli e le condizioni di mercato richiedessero ulteriore supporto poiché l’APP può essere adattabile e gli acquisti nell’ambito del PEPP possono essere riavviati.
In seguito alle decisioni assunte in data odierna, riteniamo che la BCE abbia delineato una posizione monetaria moderatamente più restrittiva per gran parte del 2022, portando a un moderato irripidimento delle curve dei tassi europee. Non ha tuttavia determinato quando termineranno gli acquisti di asset, né tanto meno ha escluso la correlazione con un rialzo dei tassi di interesse. Ci aspettiamo un euro moderatamente più forte.
La Bce ha sostanzialmente detto: “Non aspettatevi nostri interventi, torneremo da voi tra 12 mesi a meno che qualcosa non cambi.
Le nuove proiezioni sull’inflazione hanno sorpreso per l’aspetto aggressivo, non solo per il 2022 (al 3,2%) ma anche per essere molto vicine all’obiettivo nel 2023 e nel 2024 (entrambi all’1,8%). Rivedendo così tanto la traiettoria al rialzo, la BCE guadagna flessibilità, nel senso che è in grado di richiedere solo una revisione marginale delle sue previsioni a metà del prossimo anno a un livello in cui le condizioni per un rialzo dei tassi sono soddisfatte prima del previsto.
Notiamo che la Grecia non si è qualificata idonea per gli acquisti nell’ambito dell’APP, ma le modalità con cui oggi è stata descritta l’estensione dei reinvestimenti dell’APP eleva essenzialmente il processo di reinvestimento delle azioni esistenti a un nuovo strumento politico che potrebbe supportare la Grecia se necessario.
Fabio Castaldi, investment manager di Pictet Asset Management
Le attese riunioni di metà dicembre hanno messo in mostra, da parte di tutte le principali banche centrali, una diffusa preoccupazione sulle dinamiche inflazionistiche. Le decisioni prese in questo contesto possono essere qualificate, senza alcuna eccezione, come più restrittive rispetto alle attese dei mercati.
Nel caso della Banca Centrale Europea, viene confermata la progressiva riduzione degli acquisti sotto il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), ampiamente scontata dai mercati, fino alla sua chiusura a fine marzo 2022; un APP (Asset Purchase Program) rinforzato di soli 90 bln complessivi appare deludente rispetto alle attese degli operatori (fra i 120bln e 150 bln).
Non solo la riduzione degli acquisti è più brusca rispetto alle attese ma la mancanza di flessibilità del programma del APP nel deviare, negli acquisti da parte della BCE, dal Capital Key Ratio offrirà meno supporto ai titoli governativi dei paesi periferici rispetto alla flessibilità del PEPP o a programmi ponte a cui si poteva pensare per garantire una transizione più ordinata in questo contesto.
La BCE si lascia aperta l’opzione di riattivare il PEPP (e di reinvestire in titoli in scadenza nell’ambito di questo programma in maniera flessibile) se le condizioni di mercato lo dovessero richiedere, ovvero nello scenario di un allargamento eccessivo e ingiustificato degli spread dei paesi periferici. La reazione dei mercati: rendimenti più elevati, allargamento degli spread e Euro in rialzo.
E’ comprensibile che il mercato voglia prezzare, in questo contesto, un minor supporto sui titoli governativi dell’area Euro e, in particolare, un premio di rischio più elevato sui titoli governativi italiani anche in considerazione delle incertezze e rischi legate alle elezioni presidenziali di inizio 2022. Meno convincente un recupero significativo dell’Euro laddove la prospettiva di rialzi dei tassi di riferimento da parte della BCE appare ancora lontana rispetto alle dinamiche in atto o prevedibili altrove, Stati Uniti in testa.
Konstantin Veit, senior portfolio manager european rates di Pimco
La riunione odierna della BCE si è rivelata sostanzialmente in linea con le aspettative, con il Consiglio direttivo intenzionato a evitare un “cliff effect” del PEPP sugli acquisti netti di asset attraverso una transizione graduale verso un run rate pre-pandemico del QE di 20 miliardi di dollari netti mensili nel quarto trimestre del 2022.
Contrariamente alla maggior parte delle altre banche centrali e in modo simile alla Banca del Giappone, la BCE è rimasta al livello minimo dei tassi di interesse e ha compiuto acquisti netti di asset già molto prima della pandemia.
Se ci aspettiamo una graduale riduzione del ritmo degli acquisti di asset netti nel tempo, man mano che la situazione della pandemia migliora, resta meno probabile che la BCE ponga fine al quantitative easing e aumenti i tassi di interesse nell’immediato futuro.
Riteniamo che le possibilità che l’eurozona vada incontro a un problema di inflazione a medio e lungo termine siano modeste, in particolare rispetto a ordinamenti in cui la politica fiscale è tradizionalmente meno vincolata nel tenere conto del comportamento del settore privato.
Pasquale Diana, head of macro research, AcomeA SGR
LA BCE annuncia il tapering “all’europea”… La BCE ha annunciato una graduale riduzione degli acquisti nel PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) nei prossimi mesi, e la sua conclusione a marzo 2022. Per evitare una riduzione degli acquisti troppo repentina, la BCE ha anche annunciato che raddoppierà gli acquisti nell’APP (Asset Purchase Programme, il programma standard) a €40mld al mese nel secondo trimestre, per poi passare a €30mld al mese nel terzo trimestre, e ritornare a €20mld al mese da ottobre 2022 in poi. In sostanza, la BCE ha annunciato la riduzione graduale del QE che il mercato si attendeva.
…mantenendo flessibilità e non chiudendo la porta a nuovi acquisti. Allo stesso tempo, la banca centrale ha esteso l’orizzonte dei reinvestimenti del PEPP di un anno, almeno fino alla fine del 2024. Questi reinvestimenti potranno essere flessibili, “fra le varie classi di attività e i vari paesi in qualsiasi momento”, e includerebbero ad esempio l’acquisto di debito della Grecia in aggiunta ai reinvestimenti. Inoltre, la BCE non esclude di ricominciare gli acquisti netti nel PEPP oltre marzo 2022 se la pandemia lo rendesse necessario.
Lo scenario macro: normalizzazione ma non abbastanza: non è chiaro quanto le nuove previsioni tengano conto dei rischi al ribasso legati alla nuova ondata dei contagi. È chiaro in ogni caso che lo scenario per la crescita rimane per ora positivo (5.1% nel ’21, 4.2% nel ’22, 2.9% nel ’23 e 1.6% nel ’24, vd Tabella). Ma è sul fronte dell’inflazione che ci sono i miglioramenti più evidenti. Se l’enorme revisione al rialzo della stima dell’inflazione nel 2022 (3.2% vs 1.7%) deve molto ai prezzi energetici, è innegabile che l’outlook per l’inflazione di tipo core è in miglioramento. Al 1.9% nel ’22, 1.7% nel ’23 e 1.8% nel ’24, core HICP è oramai prossima al 2%.
Un compromesso ragionevole tra normalizzazione e prudenza: in sostanza, si avrebbero un tapering graduale di acquisti, previsioni in miglioramento, ma rialzi dei tassi ancora lontani visto che l’obiettivo di inflazione non è stato ancora del tutto raggiunto. La BCE non poteva far altro oggi che mandare un segnale che l’uscita dall’emergenza pandemica si è avvicinata. Allo stesso tempo, vista l’incertezza macroeconomica legata all’aumento dei casi e a possibili nuove restrizioni, la BCE ha chiarito che non chiude la porta a un ritorno a maggiori acquisti.
Le divergenze inevitabili: Ci sono due divergenze che saltano all’occhio. La prima – meno evidente – è quella all’interno del consiglio BCE. Non tutti i membri erano d’accordo sul pacchetto di misure annunciato oggi. Questo non deve sorprendere visto che è naturale che sorga dissenso nel momento in cui l’economia migliora e l’inflazione riparte. La seconda divergenza è più evidente, ed è quella con altre banche centrali, la Fed in primis. Ieri sera la Federal Reserve ha annunciato un’accelerazione del tapering e aperto le porte a un ciclo di rialzi che potrebbe in teoria avere inizio già a marzo del 2022. La BCE – come abbiamo visto – non contempla rialzi dei tassi nel 2022.
Questa divergenza è frutto di condizioni macroeconomiche molto diverse in USA e in Eurozona. A causa dell’enorme stimolo messo in atto, i consumi di beni in USA sono già tornati oltre il trend pre-pandemico e persino sui servizi (molto penalizzati dalla pandemia) le cose stanno migliorando. Per l’Europa il miglioramento c’è, ma è molto più modesto (vd grafici a lato). Sulle dinamiche dei prezzi le differenze sono ancora più marcate, con l’inflazione di tipo core negli USA che è molto più alta che in Eurozona.
Non è quindi difficile ipotizzare che questa divergenza di politica monetaria continuerà nel corso dei prossimi mesi. Questo lascia presagire che il dollaro tenderà a continuare a rafforzarsi al margine contro l’euro, supportato da un differenziale di tassi che va a suo favore.
Adrian Hilton, Responsabile tassi globali di Columbia Threadneedle Investments
Tutte e tre le principali banche centrali chiamate a prendere decisioni durante questa settimana hanno dimostrato di non ritenere più i rischi al ribasso per l’attività economica, nei prossimi mesi, superiori rispetto alla necessità di affrontare la pressione dell’inflazione.
Questo è importante, perché la Fed, la Banca d’Inghilterra e la BCE hanno precedentemente enfatizzato la natura transitoria dell’inflazione, originata dalle interruzioni dell’offerta e dagli elevati prezzi dell’energia. Ora, in varia misura, le autorità monetarie stanno scegliendo di guardare oltre i rischi della variante Omicron (o addirittura di vederla come un ulteriore rischio inflazionistico) e di concentrarsi, invece, sul rafforzare la loro credibilità nella lotta all’inflazione o (nel caso della Banca d’Inghilterra) aumentando i tassi di interesse o accelerando la riduzione degli acquisti di asset.
Il tempo ci dirà se questo cambiamento sia giustificato. Ma i livelli costantemente bassi dei rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza suggeriscono che il mercato è finora riluttante a prezzare regimi di tassi durevolmente più alti.
Redazione
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