a cura di Mark William Lowe
Gustavo Petro, il cauto riformatore dell’America Latina, riuscirà a dare una direzione precisa alla sua strategia ora alla deriva?
Nel mondo spesso turbolento della politica latinoamericana, la Colombia ha tradizionalmente svolto il ruolo di paese pragmatico e cauto.
Da tempo alleata degli Stati Uniti e storicamente diffidente nei confronti delle sperimentazioni populiste, ha cercato un governo stabile, anche se a volte poco ispirato.
Ma oggi, sotto la presidenza di Gustavo Petro, la Colombia sta tentando di raggiungere un delicato equilibrio: perseguire riforme progressiste, rafforzare la sicurezza interna e tentare un riallineamento geopolitico.
Il Paese non è in crisi, ma non è nemmeno tranquillo. In parole povere, è una nazione in movimento. Il presidente Petro, ex guerrigliero diventato politico, è salito al potere nel 2022 promettendo una rottura storica con il passato.
La sua retorica era di sinistra, ma il suo governo iniziale, di fronte alle difficoltà economiche e alla resistenza del Congresso, è stato più moderato di quanto molti si aspettassero. Ora, a metà del suo mandato, la Colombia si trova ad affrontare un momento precario, ricco, sia di pericoli, sia di potenzialità.
Finalmente una riforma
Il cambiamento più evidente negli ultimi tempi riguarda la politica del lavoro. Nel giugno 2025, dopo due tentativi falliti, il governo di Petro è riuscito a fare approvare una legge di riforma del lavoro promessa da tempo, che estende le tutele sociali ai lavoratori precari, formalizza i tirocini, migliora la retribuzione per gli straordinari e i turni notturni e rafforza i diritti sindacali.
Si tratta di una legge insolitamente ambiziosa per gli standard latinoamericani, anche se la riforma arriva in un momento delicato. Ad aprile, infatti, la disoccupazione è scesa all’8,8%, il livello più basso degli ultimi 10 anni, ma, dietro questo dato statistico molto positivo, si nasconde una verità scomoda: oltre il 74% dei nuovi posti di lavoro è costituito da impieghi informali che non offrono, né contratti, né benefici.
La riforma di Petro mira a inserire questi lavoratori nell’economia formale, un obiettivo lodevole, ma più facile da legiferare che da realizzare. Le associazioni imprenditoriali temono che le nuove norme possano aumentare i costi di assunzione e frenare la creazione di posti di lavoro, mentre gli investitori sono preoccupati per l’eccessivo onere regolamentare.
Molto dipenderà dall’attuazione e, purtroppo, la Colombia ha una scarsa tradizione nell’applicazione delle norme sul lavoro, in particolare nelle zone rurali dove la presenza dello stato è, nel migliore dei casi, scarsa.
Redazione
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