Stefan Rondorf, Senior Investment Strategist, Global Economics & Strategy, Allianz Global Investors

 

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Sam Altman, cofondatore di OpenAI e figura chiave dietro ChatGPT, sostiene che l’umanità sta entrando in una nuova “era dell’intelligenza”, dopo quella agricola e industriale. Come sempre, il progresso tecnologico è il motore di questo cambiamento di paradigma, che il machine learning porta a un livello completamente nuovo.

Anche nei mercati finanziari, gli asset legati all’universo dell’intelligenza artificiale (AI) sono stati letteralmente catapultati in una loro orbita e oggi dettano il ritmo dei mercati azionari, in particolare negli Stati Uniti e in Cina. La tecnologia è ormai un motore di crescita decisivo anche per l’economia.

Mercati, l'outlook per la fine del 2020 di Stefan Rondorf, Senior Investment Strategist, Global Economics & Strategy.
Stefan Rondorf

Un’analisi più approfondita rivela che una quota sostanziale dell’aumento registrato dal prodotto interno lordo (PIL) statunitense nella prima metà del 2025 deriva da investimenti in tecnologia e software: circa 1,3 punti percentuali su una crescita totale dell’1,6%. In altre parole, il settore rappresenta poco più dell’80% della crescita complessiva.

In tale contesto, vale la pena analizzare più da vicino le prospettive per la tecnologia e l’intelligenza artificiale.

Diversi fattori indicano che l’attuale boom è destinato a continuare:

  • Costante aumento delle “storie di successo” legate all’AI: il numero di utenti è in crescita, sempre più aziende utilizzano l’AI e sempre più spesso le macchine svolgono mansioni “umane” con un’efficacia pari, se non addirittura superiore, a quella di noi esseri umani.
  • Nessun segnale di sovraccapacità: nonostante la crescita esponenziale, la capacità di calcolo dei data center resta limitata; i clienti devono sopportare i tempi di attesa e la potenza di elaborazione è di fatto razionata.
  • Base di finanziamento stabile: la maggior parte dei capitali che finanziano la rapida espansione dei data center e delle infrastrutture energetiche proviene dalle riserve di liquidità di alcune grandi società tecnologiche, molte delle quali operano in mercati oligopolistici o quasi monopolistici. Di conseguenza, la crescita dell’AI oggi dipende meno da investimenti speculativi o dal venture capital rispetto ai cicli precedenti. Tuttavia, i capitali non sono illimitati e gli azionisti delle grandi società tecnologiche continuano a chiedere ritorni solidi.
  • Valutazioni elevate ma non eccessive: le valutazioni delle società del settore dell’AI sono alte ma ancora non raggiungono i livelli estremi registrati nei precedenti picchi di mercato.

Alcuni aspetti fanno pensare a segnali iniziali di surriscaldamento:

  • Storicamente, i settori all’avanguardia del cambiamento tecnologico sono stati soggetti a fasi di sovrainvestimento. Ai periodi di grande aumento della spesa in conto capitale e di rapida espansione della capacità seguono tipicamente fasi temporanee di disillusione, durante le quali i ricavi non bastano a coprire i costi degli investimenti. In tali momenti, le decisioni sono guidate meno da solide logiche economiche e più dal timore di perdere delle opportunità e dalla pressione di allinearsi alle tendenze prevalenti. Una dinamica simile potrebbe emergere anche nell’attuale ciclo di innovazione. Nel lungo periodo, tuttavia, i notevoli progressi tecnologici conseguiti si tradurranno probabilmente in un consistente aumento della prosperità.
  • L’ecosistema dell’AI è sempre più caratterizzato da un’intricata rete di partecipazioni azionarie sovrapposte, oltre che da relazioni intrecciate tra clienti e fornitori. Questa crescente interconnessione solleva preoccupazioni riguardo alla scarsa trasparenza e ai potenziali conflitti di interesse.

In definitiva, non è possibile sapere quando, o se, l’euforia e l’ottimismo per l’alba di una nuova “era dell’intelligenza” cederanno il passo a un pur transitorio disincanto. Sarà allora d’importanza probabilmente cruciale disporre di informazioni dettagliate sulle aree in cui persistono vincoli di capacità e che mostrano segnali di saturazione.

In passato i boom degli investimenti si sono esauriti quando i ritorni sul capitale sono diminuiti e gli investitori si sono fatti restii a investire altro denaro (cioè quando il costo del capitale è aumentato). Al momento, tuttavia, una tale svolta sembra poco probabile e la nascente “era dell’intelligenza” conserva la propria attrattività.

Non serve certo ricordare che, oltre alla tecnologia e all’AI, ci sono numerosi altri trend e opportunità interessanti. Di seguito alcune considerazioni sull’allocazione tattica globale in termini di azioni e obbligazioni:

  • Le opportunità non si limitano al mercato azionario statunitense: anche l’indice MSCI Emerging Markets ha iniziato ad attrarre nuovi afflussi che, insieme al persistere dell’ampia sottoponderazione dei mercati emergenti nei portafogli globali, creano condizioni favorevoli a una ripresa, già ben avviata in Paesi quali Corea del Sud e Taiwan. In Asia, anche il Giappone beneficia della recente svolta politica verso un consolidamento fiscale ridotto e un approccio più cauto o ritardato alla normalizzazione di una politica monetaria che resta decisamente accomodante.
  • In Europa, la Germania si avvicina all’erogazione effettiva del pacchetto di stimoli fiscali del prossimo anno. I mercati azionari dell’Europa meridionale, in particolare Spagna e Italia, beneficiano della consistente esposizione al settore bancario, segmento caratterizzato da utili costantemente solidi, robusta qualità del credito, interessanti ritorni per gli azionisti sotto forma di dividendi e riacquisti di azioni, e valutazioni ancora ragionevoli. Al contrario, nel medio termine il mercato azionario francese potrebbe dover affrontare ulteriori venti contrari dovuti alla perdurante incertezza politica.
  • Lo stesso vale per i titoli governativi francesi, non essendo ancora chiaro il futuro della politica fiscale del Paese. Anche la politica fiscale del Regno Unito resta una fonte di imprevedibilità, e questo probabilmente continuerà a generare volatilità nei mercati obbligazionari di entrambi i Paesi.
  • Gli investitori devono affrontare sfide anche nel mercato dei Treasury USA. Dopo le turbolenze innescate dall’annuncio dei dazi da parte del presidente Trump il 2 aprile, il mercato si è stabilizzato, con il conseguente ridimensionamento del rendimento delle obbligazioni a dieci anni, che aveva superato il 4%. Di recente, tuttavia, dopo che diversi funzionari della banca centrale statunitense hanno ridimensionato le aspettative circa ulteriori rapidi tagli dei tassi di interesse, i rendimenti sono leggermente saliti. In questo contesto, per ora sembra opportuna un’allocazione neutrale sui Treasury USA.
  • Lo status del dollaro statunitense come valuta “rifugio” rimane sotto pressione. Per quanto possa emergere un contro trend tattico, nel lungo periodo i fattori strutturali (politica monetaria e commerciale, debito USA) sono destinati a pesare sulla valuta statunitense.

Nonostante gli sconvolgimenti che stanno rimodellando il nostro mondo, la nascente “era dell’intelligenza” giustifica un misurato grado di ottimismo.


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