A colloquio con Aanand Venkatramanan, Head of ETFs per l’area EMEA di LGIM

Negli ultimi anni, le small cap Usa non hanno tenuto il passo delle large cap. Credete che in futuro possano materializzarsi condizioni più favorevoli al segmento dei titoli a bassa capitalizzazione?

In realtà, riteniamo che questo processo di “catch up” sia già iniziato nell’ultimo semestre dello scorso anno quando, a partire da ottobre 2023, le società a piccola capitalizzazione statunitense (o US small cap) hanno registrato un rally di mercato, testimoniato dal fatto che l’indice Russell 2000 0.4 Quality Target Exposure Factor (R2QTEN) ha superato le performance del 5,4% dell’indice S&P 500 NTR.
In quali settori dell’economia Usa ritenete si possano individuare le migliori opportunità per investire nelle small cap?
I motivi alla base di questo distacco sono da ricercare, in termini assoluti, nei settori stessi che lo hanno generato, ovvero lo sviluppo di software e di hardware, i servizi informatici e gli equipaggiamenti, ma anche le piccole imprese attive nel mercato farmaceutico e delle biotecnologie, che sono state quello che hanno sostenuto la crescita di novembre e dicembre. Tutti comparti a cui l’S&P 500 NTR è esposto in modo molto marginale, essendo fortemente sbilanciato verso i Magnifici Sette.
Noi di LGIM riteniamo che questo trend non si arresterà in tempi brevi. Infatti, riteniamo vincente la strategia di aumentare l’esposizione verso le US small cap, in quanto le performance sotto la media e le svalutazioni sono prossime al loro minimo. E presto dovremmo tornare a osservare una ripresa, sostenuta anche da un miglioramento dei fondamentali previsto per il 2024.
È vero che la forza principale dei rendimenti delle imprese a minore capitalizzazione statunitense è stata ed è la crescita economica, piuttosto che altri parametri macroeconomici come il livello e le prospettive sui tassi di interesse.
Infatti, dal 2010 in poi l’indice Russell 2000 si è spesso dimostrato più sensibile alla determinazione della crescita economica da parte del mercato, rispetto all’S&P 500 o al Nasdaq-100. Tuttavia, questo trend sembra essersi affievolito dal 2022, quando le small cap hanno iniziato a mostrare una maggiore sensibilità verso i tassi, in linea con le azioni statunitensi in generale.
Pertanto, il consensus che vede questi ultimi in calo nel 2024 dovrebbe portare beneficio anche a questa categoria di aziende, probabilmente più che alle large cap. Infatti, secondo un recente studio pubblicato dalla BofA, la metà degli asset manager dichiara che le posizione lunghe sui Magnifici Sette sono le più scambiate; eppure, solo il 10% ritiene che saranno l’asset class più dominante del 2024. Al contempo, coloro che ritengono le performance migliori si avranno con un inclusione di US small cap in queste posizioni lunghe sono il 19% degli intervistati.
Stefania Basso
Laureata all'Università Statale di Milano, dal 2006 collaboro con Fondi&Sicav. Lunga esperienza nel settore del risparmio gestito come marketing manager presso Franklin Templeton Investments e J.P. Morgan Fleming Am a Milano e a Lussemburgo. Breve esperienza presso Lob Media Relations come ufficio stampa per alcune realtà finanziarie estere. In tutto il mio percorso professionale ho lavorato a stretto contatto con persone provenienti da diverse parti del mondo, che mi hanno permesso di avere un approccio dinamico e stimolante e di apprendere attraverso il confronto con realtà differenti.

