Fondi&Sicav ha chiesto ad alcuni dei più importanti manager italiani come sostengono i nuovi arrivati nel corso di quei primi cinque-sei anni che sono necessari per avviare la professione.
Ha risposto Stefano Lenti, responsabile area consulenti finanziari di Banca Generali.
Alcuni studi affermano che, per un consulente giovane che inizia la sua attività, tra iscrizione all’Albo e la costruzione di una clientela, sono necessari almeno sei anni prima di arrivare a operare a pieno ritmo, come peraltro avviene per un commercialista o altri professionisti. Secondo la vostra esperienza è vero? Quali sono gli ostacoli più difficili da superare? Sono molti quelli che si scoraggiano prima?
«Quando parliamo del nostro settore abbiamo una forte discrasia. Da una parte lamentiamo che l’età media continua ad alzarsi, mentre dall’altra esistono forti barriere all’ingresso che spesso impediscono un vero ricambio generazionale. Non possiamo dire che ci sia un tempo medio per arrivare al pieno ritmo, perché le variabili sono moltissime. Infatti, oltre alla preparazione tecnica, che chiaramente si impara con il tempo, la discriminante principale è la capacità commerciale e l’intraprendenza del candidato. Una seconda variabile è il suo contesto sociale, cioè se inizia da una situazione familiare e di conoscenze che gli permette di avere una prima base di potenziali clienti.
Quando un giovane inizia in questa professione, parte con grande entusiasmo, ma spesso è vero che arriva a un punto in cui inizia a vedere le difficoltà e si scoraggia, perché i clienti talvolta giudicano la giovane età come una mancanza di conoscenza. In realtà, molti giovani sono tecnicamente molto preparati dal punto di vista concettuale, ma poco dal punto di vista relazionale. Bisogna lavorare su questo elemento, sull’identità del ruolo per evitare di perdere una generazione intera di nuovi talenti. Personalmente, ho sempre capito che in questo settore spesso non emergono semplicemente i più preparati, ma quelli che abbinano anche una caratteristica fondamentale: la determinazione. Solo i più determinati avranno la capacità non solo di attraversare una prima fase di difficoltà, ma sapranno in futuro affrontare anche le insidie di mercati che pregiudicheranno talvolta il rapporto di gestione emotiva dei clienti.
Quale tipo di aiuto offrite a un giovane che intende cominciare, che ha magari buoni studi economici alle spalle, ma nessuna esperienza, per superare più in fretta possibile la fase iniziale?
«In Banca Generali possiamo sicuramente contare su un brand di primissimo piano, una gamma prodotti di eccellenza e un percorso formativo intenso e specifico. Ritengo, però, che tutto ciò spesso non sia sufficiente. Infatti, spesso quanto affermato sopra rappresenta una visione empirica di progetto. Sono convinto che oltre a questo tipo di sostegno sia necessario un ingrediente fondamentale, cioè garantire non solo un supporto economico, ma pratico.
Ciò lo può fare solo una struttura di banker storici che affianchino e assistano costantemente il giovane per tutti i mesi necessari ad acquisire le caratteristiche tecniche e operative, ma anche quelle gestionali necessarie con la clientela. Abbiamo recentemente creato una struttura ad hoc che infatti non parte da una logica di individuazione e selezione dei giovani candidati, ma dall’inversione del paradigma. Prima cerchiamo i cosiddetti “tutor” tra i banker più esperti che abbiano le caratteristiche e diano la disponibilità a un percorso di affiancamento e supporto ai nuovi inseriti e poi cerchiamo gli aspiranti consulenti.
Solo così possiamo essere sicuri di creare i nuovi banker di successo del futuro. Abbiamo quindi preparato un programma ad hoc che si chiama Generazione Bg e punta a individuare e inserire nuovi giovani consulenti a elevato potenziale».
Redazione
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