Iain Pyle, Senior Investment Director di Aberdeen Investments

 

Negli ultimi tre anni l’oro ha registrato una performance straordinaria, con un aumento superiore al 130% e il recente superamento dei 4.000 dollari l’oncia, confermando il suo ruolo storico come riserva di valore in periodi di inflazione e incertezza geopolitica.

Oggi, tuttavia, il panorama degli investimenti, oltre all’oro, si è ampliato a una gamma di metalli industriali e strategici come rame, argento, platino, uranio e terre rare, che mostrano fondamentali solidi e prospettive di lungo termine.

Tra questi, il rame si conferma un esempio chiave: quest’anno è cresciuto del 20% circa, ma la produzione è limitata, con miniere esistenti che affrontano sfide operative e nuovi progetti rallentati da permessi e costi elevati. Pertanto, l’offerta fatica a stare al passo con la domanda, creando un deficit strutturale destinato a sostenere i prezzi nel lungo periodo. Anche l’argento ha superato l’oro da inizio anno, pur con un’offerta largamente inelastica. L’argento beneficia della domanda proveniente dalle applicazioni industriali, in particolare dai pannelli solari. Inoltre, poiché l’offerta rimane generalmente fissa, secondo i dati Metals Focus, l’argento è in deficit di offerta da sei anni consecutivi.

Anche l’interesse verso il platino è tornato a crescere, sostenuto da un lato dall’incremento dei veicoli ibridi che richiedono ancora i metalli del gruppo del platino, e dall’altro dal possibile spostamento della domanda di oro bianco verso il platino. Come stimato da Valterra Platinum, tale spostamento potrebbe aggiungere fino a 1,5 milioni di once annue alla domanda attuale di platino per gioielleria. Quest’anno il platino ha registrato un rialzo del 78%, passando da $900–1.000/oz a oltre $1.600/oz.

Ci sono poi l’uranio e le terre rare, che stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nella transizione energetica, nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e nei settori legati alla difesa. Secondo le stime, la capacità nucleare globale dovrebbe triplicare entro il 2050, con la domanda di uranio in crescita oltre il 4% CAGR fino al 2035, e un’offerta in crescita solo del 2% CAGR. In questo contesto, aziende come Cameco e Kazatomprom segnalano una produzione in calo dai giacimenti esistenti, causando un possibile deficit.

Intanto le terre rare sono sempre più indispensabili nella produzione di veicoli elettrici, turbine eoliche, smartphone e sistemi di difesa. La Cina domina ancora l’offerta globale, spingendo gli Stati Uniti a investire nella produzione interna, generando benefici per aziende come MP Materials, che ha visto salire il prezzo delle azioni del 275% da inizio anno.

Le nostre analisi suggeriscono che il rialzo di questi metalli non è speculativo, ma fondato su trend strutturali di lungo periodo. La transizione energetica, l’espansione delle infrastrutture per l’intelligenza artificiale e il rinnovato focus sulla difesa richiedono risorse metalliche, garantendo domanda costante di rame, litio, alluminio e terre rare.

La nostra strategia di investimento privilegia le azioni delle aziende produttrici piuttosto che le commodity fisiche, offrendo maggiori potenzialità di crescita e beneficiando degli incentivi governativi legati alla sicurezza dell’offerta. Le azioni consentono di puntare su aziende con risorse di alta qualità e disciplina operativa, fattori chiave in un settore in cui i vincoli di offerta stanno plasmando il mercato.

L’oro mantiene il suo ruolo, ma i megatrend che guidano oggi gli investimenti – IA, energia pulita e difesa – sono basati sull’uso massiccio dei metalli. Le aziende che producono questi minerali sono ben posizionate per beneficiare di tali trend, e crediamo che questo ciclo sia appena all’inizio.


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