Ci vogliono davvero almeno sei anni perché un giovane consulente possa definirsi affermato e portare avanti la sua professione in piena autonomia?

Fondi&Sicav aveva proposto, nel numero di febbraio, questa domanda ad alcuni manager delle maggiori reti italiane e nella sostanza questa valutazione era stata confermata, anche se alcune società hanno affermato che c’era la possibilità di accorciare di uno o due anni il tempo necessario per stabilizzarsi in una professione che certamente richiede un grande impegno. Del resto, era stato fatto notare, qualsiasi giovane decida di intraprendere una carriera da libero professionista, che sia un neocommercialista o un neoavvocato, non fa sicuramente meno fatica.

A dare un primo quadro delle difficoltà non semplici da superare è Giulio Gardella, private banker di Sanpaolo Invest.

«Il cammino verso il raggiungimento dell’obiettivo di diventare un consulente finanziario è stato caratterizzato da una forte ambizione e un duro lavoro. Da quando ho iniziato questo percorso mi sono da subito imposto obiettivi particolarmente sfidanti che mi aiutano a focalizzare dove voglio arrivare: la capacità di scomporre gli obiettivi di lungo termine in tanti di breve è una qualità imprescindibile. Organizzare e pianificare sono strumenti importanti che utilizzo per dare ordine e coerenza nell’operatività di ogni giorno. È stato sicuramente impegnativo arrivare ai risultati che ho raggiunto, ma, per questo motivo, molto appagante, anche se il mio intento è fare meglio ogni anno. Accompagnare il cliente verso le decisioni d’investimento è una fase sicuramente delicata e richiede tempi diversi, a seconda dell’interlocutore e gestire con serenità le parti del lavoro sulle quali non abbiamo controllo è una caratteristica fondamentale».