Nessuna asset class ha dimostrato tanta forza come l’oro.

Una vera e propria corsa quella del metallo prezioso: sono occorsi 14 anni perché raddoppiasse il suo valore, ma il vero balzo è avvenuto solo nell’ultimo biennio, con un ulteriore raddoppio. Le ragioni dell’ascesa possono essere diverse, tra cui il fatto che l’oro si è affermato come alternativa al dollaro, in un contesto in cui lo stato di salute dei conti pubblici degli Stati Uniti è andato via via deteriorandosi. In questa direzione, un contributo significativo lo hanno dato le banche centrali soprattutto dei paesi emergenti, che hanno deciso di essere più indipendenti dagli Usa e, quindi, dal biglietto verde. A tutto ciò va aggiunta una situazione geopolitica in continua fibrillazione e uno scenario futuro complesso soprattutto per le economie avanzate, che si sono fortemente indebitate negli ultimi anni. E forse è l’insieme di questi timori che mantiene elevato il prezzo dell’oro

Se il ritorno dei paesi emergenti, la continua ascesa dei titoli tecnologici legati all’Ai, l’espansione della base di investitori in cripto e alcuni altri temi hanno determinato l’andamento dei mercati di questo 2025 che si avvia a conclusione, nessun’altra asset class ha mostrato una forza tanto evidente quanto l’oro.

Il bull market dell’oro

Il bull market del prezioso per eccellenza non è certo una novità: è da anni, infatti, che su questo metallo si sta riversando un ammontare crescente di liquidità. Ma ciò che di recente è cambiato è l’intensità dello sviluppo. Una sintesi indicativa viene fornita da Simon Jäger, portfolio manager di Flossbach von Storch Se:

«Il prezzo di un’oncia di oro ha superato per la prima volta la soglia dei 4.000 dollari Us. Da gennaio a ottobre il corso è salito di oltre il 53% (dato al 7 ottobre 2025), il balzo più forte dal 1979, superando perfino il bitcoin: la quotazione della criprovaluta, infatti, è aumentata del 30%. L’ascesa è notevole anche nel lungo termine, considerando che l’oncia troy ha superato i 1.000 dollari nel 2009, i 2.000 nel 2023 e i 3.000 solo a marzo 2025.Pochi mesi dopo, la quotazione è già a 4.000. Poiché il prezzo dell’oro è definito in dollari Usa, l’aumento in euro (37%) è stato leggermente meno rapido, ma comunque notevole».

I numeri dell’oro

Questi numeri sono ancora più impressionanti una volta che si esaminino alcune percentuali: il metallo giallo ha impiegato 14 anni per raddoppiare il suo valore, passando in mezzo a un lungo bear market nel corso degli anni ‘10, ma da allora ci sono voluti poco più di due anni per mettere a segno un ulteriore incremento del 100%.  È una progressione ancora più notevole rispetto a quanto dice la mera aritmetica. Infatti, un conto è rimbalzare da livelli infimi dopo una crisi secolare, un altro è costruire ulteriori capital gain su una base già ampia di liquidità ivi allocata: tutto ciò si configura come un’inversione nelle preferenze degli investitori quasi epocale. Negli anni post-Grande crisi finanziaria, infatti, questa commodity mostrava una correlazione decisamente elevata con il resto del settore minerario, condividendo con quest’ultimo anche la necessità di una marcata ristrutturazione da parte dei maggiori gruppi estrattivi. Bassa inflazione, economia piatta, ma prevedibile, repressione della volatilità da parte delle banche centrali e la fine (ingloriosa) del precedente super-ciclo delle risorse naturali avevano creato un ambiente in cui l’interesse degli istituzionali era spasmodicamente incentrato sulla ricerca di rendimento più che sulla diversificazione in asset reali.

Allternativa all’Occidente

Il mondo è però cambiato di nuovo con lo scoppio della pandemia e il ritorno di fiamma dell’inflazione. Questi drammatici eventi hanno portato molti paesi, in massima parte occidentali, a rompere gli indugi e a tentare uno strano esperimento di inasprimento della politica monetaria per frenare il correre dei prezzi, aprendo al contempo i cordoni della spesa pubblica per sostenere i consumi. Al centro di questa sorta di ritorno ai tardi anni ‘70 e inizio degli ‘80 si sono posti gli Stati Uniti, protagonisti, sia di una forte crescita, sia di un deterioramento del bilancio federale quasi senza precedenti.

Alternativa anti-dollaro

Non sorprende, dunque, che fino a un anno fa, o poco più, l’oro si sia posto come alternativa anti-dollaro. Una tesi che ha trovato terreno fertile soprattutto presso le banche centrali delle potenze economiche più distanti dall’America, Cina in primis.

Sono stati soprattutto gli acquisti di queste autorità monetarie, superiori a 1.000 tonnellate annue in tutto il triennio che va dal 2022 al 2024 compresi, a dare il via a un autentico processo di preparazione di un sistema meno dipendente dal biglietto verde. Una rivoluzione, peraltro, che rischia di essere accelerata dall’amministrazione Trump, smaniosa di portare la Federal reserve sotto il proprio controllo per imporre una politica monetaria ultra-lassista e non coerente con il quadro inflativo tuttora preoccupante.

Una sintesi viene elaborata da Rebekah McMillan, associate portfolio manager team multi-asset di Neuberger Berman, che non ha remore nel sottolineare l’allure geopolitico del prezioso per eccellenza:

«Le banche centrali hanno sostenuto acquisti netti record di oltre 1.000 tonnellate in ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, più del doppio del ritmo medio del decennio precedente.

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Boris Secciani

Nato a Bologna nel 1974, a Milano ho completato gli studi in economia politica, con una specializzazione in metodi quantitativi. Ho cominciato la mia carriera come broker di materie prime negli Usa, per poi proseguire come trader sul forex. Tornato in Italia ho partecipato come analista e giornalista a diversi progetti. Sono in FONDI&SICAV dalla sua fondazione, dove opero come Responsabile dell'Ufficio Studi. I miei interessi si incentrano soprattutto sul mondo dei tassi di interesse e del reddito fisso, sulla gestione del rischio di portafoglio e sull'asset allocation.