Matt Peron, Marc Pinto and Lucas Klein, portfolio manager, presentano l’outlook azionario di Janus Henderson per il 2024
Un anno fa avevamo previsto un rallentamento della crescita degli utili, ma ritenevamo che l’economia globale avrebbe evitato la recessione grazie al calo dell’inflazione. Gran parte delle nostre valutazioni si sono avverate. Tuttavia, a distanza di 12 mesi, ci troviamo ancora in un’economia di fine ciclo e molte delle nostre aspettative non si sono ancora realizzate. Perché? Uno dei motivi è la resistenza dei consumatori statunitensi, da sempre motore di crescita dell’economia globale. Questo si è rivelato un caso fortuito, visti i forti venti contrari che hanno colpito un’altra importante fonte di crescita: Il settore immobiliare cinese, sempre più indebitato.
Il dinamismo dei consumi, nonostante l’aggressivo inasprimento delle politiche monetarie, è in linea con la nostra opinione secondo cui l’economia statunitense è meno sensibile ai tassi rispetto agli anni passati. Ma non siamo ancora fuori dai guai, soprattutto a causa dell’indebolimento del mercato del lavoro.
Se da un lato gli investitori possono rallegrarsi per la fine dei rialzi dei tassi negli Stati Uniti, dall’altro l’ottimismo dovrebbe essere temperato rispetto alle speranze di un cambio di rotta in senso accomodante. A nostro avviso, è probabile che i tassi di policy rimangano restrittivi fino a quando i dati non confermeranno che l’inflazione sta continuando il suo percorso discendente. Il prolungamento di questo periodo di fine ciclo rappresenta un vento contrario sia per l’economia sia per le azioni. Tuttavia, non siamo così pessimisti come altri osservatori. Sebbene molti indicatori, tra cui l’inversione della curva dei Treasury statunitensi, facciano presagire una flessione, riteniamo che la Federal Reserve abbia una buona probabilità di realizzare un atterraggio morbido, anche se non si può escludere una recessione poco profonda.
Altre regioni potrebbero non essere altrettanto fortunate. L’Europa e il Regno Unito probabilmente flirteranno con una crescita negativa nei prossimi trimestri e uno shock imprevisto potrebbe mandarli in recessione. Come accennato in precedenza, se la Cina non potrà contare sugli investimenti immobiliari per stimolare la crescita, potrebbe doversi accontentare di un’espansione del prodotto interno lordo ben al di sotto della forbice tra il 6% e il 10% a cui si era abituata.
Con una forte dipendenza dalla capacità dei decisori politici di scongiurare la recessione, i mercati azionari si trovano in uno stato di fragilità simile a quello dell’economia globale. Ad aggravare la situazione è l’estrema concentrazione dei mercati che ha caratterizzato il 2023. Gli Stati Uniti rappresentano attualmente quasi la metà dell’MSCI All-Country World IndexSM e il settore tecnologico comprende oltre un quarto dell’indice S&P 500. Se si includono anche Internet e le piattaforme di e-commerce non classificate come tecnologiche, questa quota sale notevolmente.
Finché non avremo maggiore visibilità sulla direzione dell’economia globale e sul suo impatto sugli utili, riteniamo che le società di qualità, spesso nascoste più in basso negli indici, rappresentino un ragionevole equilibrio tra difesa e valutazione. Sul fronte macro, riteniamo che riteniamo che il rischio maggiore sia che le banche centrali facciano un’inversione di rotta troppo presto, innescando così una seconda ondata di inflazione. Ciò porterebbe inevitabilmente a un altro ciclo di politiche restrittive e, quindi, a un freno alla crescita.
La natura ciclica dell’Europa e dei Paesi che dipendono fortemente dalle esportazioni li rende particolarmente vulnerabili a un rallentamento dell’economia. Un peggioramento del quadro geopolitico e il ciclo elettorale negli Stati Uniti potrebbero introdurre ulteriori rischi. Il mondo sta anche osservando se la Cina riesce a trovare un equilibrio tra il problema del debito e il tentativo di rilanciare la crescita. Infine, gli investitori devono capire come l’instaurazione di un nuovo regime di tassi d’interesse più elevati avrà un impatto sui titoli azionari. Le società con modelli di business in crisi non possono più contare su un costo del capitale contenuto per mascherare la loro incapacità di generare costantemente liquidità. Inoltre, l’aumento dei tassi di sconto eliminerà la spinta ai flussi di cassa futuri che le società a crescita secolare hanno ricevuto.
Quest’ultimo punto ha implicazioni sia di stili di investimento sia geografiche. In questo nuovo regime, un limite ai multipli delle società growth potrebbe far oscillare il pendolo verso i nomi value. Ciò potrebbe favorire l’Europa e altre regioni a forte sconto, soprattutto se un atterraggio morbido consentirà agli investitori di aumentare l’esposizione ai titoli value e ciclici in previsione di una ripresa. Una volta che il ciclo si sarà invertito, il nuovo regime dei tassi significa che gli investitori non potranno ruotare indiscriminatamente verso il deep value, ma dovranno invece mantenere la loro attenzione sulle aziende di qualità in grado di superare soglie di rendimento più elevate per il capitale investito.
Redazione
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