A cura di Bert Flossbach, co-fondatore di Flossbach von Storch
In Medio Oriente, i mullah iraniani stanno perdendo influenza e potere in tre regioni a causa dell’indebolimento di Hamas e Hezbollah e della caduta del regime di Assad. Vladimir Putin non ha più tempo, deve guadagnare terreno per migliorare la sua posizione negoziale con Trump. E, per questo, ha schierato i soldati nordcoreani nella guerra contro l’Ucraina. Anche Xi Jinping si sta innervosendo.

Gli economisti cinesi che mettono in dubbio i tassi di crescita ufficiali, vicini al 5%, vengono emarginati. L’economia cinese è in difficoltà, quindi l’ultima cosa di cui Xi ha bisogno è un conflitto commerciale con gli Stati Uniti. Lo stesso vale per l’Europa: i politici europei che in estate si erano apertamente opposti a Trump stanno facendo marcia indietro.
Nonostante tutte le turbolenze, il 2024 è stato un anno inaspettatamente positivo per gli investimenti, soprattutto se si considera che le banche centrali hanno tagliato i tassi d’interesse molto meno di quanto previsto un anno fa. In questo contesto, la performance dell’oro e delle azioni è notevole.
L’anno scorso la robusta economia statunitense e il boom dell’AI hanno compensato il debole sviluppo economico di altre regioni del mondo. E hanno permesso alle azioni statunitensi di guadagnare circa il 25% (S&P 500 inclusi i dividendi). I maggiori beneficiari sono stati ancora una volta i pesi massimi del settore tecnologico, in gran parte responsabili dell’eccezionale anno del mercato azionario statunitense.
Ne ha beneficiato anche l’indice MSCI World, composto per oltre il 70% da azioni statunitensi, che ha registrato un guadagno del 26,6% (in euro) grazie al dollaro forte. La performance delle azioni europee, invece, è stata piuttosto modesta. Tenendo conto dei dividendi, lo STOXX Europe 600 ha ottenuto un guadagno di poco inferiore al 9%.
Il prezzo dell’oro ha raggiunto a ottobre il massimo storico di quasi 2.800 dollari per oncia troy (2.624 dollari a fine anno, con un aumento del 27%). In euro, il bilancio appare ancora migliore, con un guadagno di quasi il 36%. Il forte aumento del prezzo dell’oro è notevole anche perché la domanda di investimenti è stata negativa. A livello globale, il volume di oro detenuto dagli ETF è diminuito di 86 tonnellate.
Le banche centrali hanno invece continuato a incrementare le loro riserve auree, immettendo altre 694 tonnellate nei loro depositi solo nei primi tre trimestri. Tuttavia, è improbabile che ciò sia stato sufficiente a far salire il prezzo dell’oro a tal punto. Devono quindi esserci stati altri acquisti non registrati nelle statistiche ufficiali.
La Cina è probabilmente la principale fonte di domanda. Alla luce degli sviluppi geopolitici, il governo cinese considera l’oro sia più sicuro degli investimenti in Treasury statunitensi. Anche gli investitori privati cinesi sono alla ricerca di un bene rifugio, soprattutto perché le alternative di investimento appaiono meno interessanti.
I tassi di interesse in Cina sono al minimo storico, inferiori al 2%, gli immobili non sono più un investimento sicuro e il mercato azionario è sulle montagne russe. Perciò qualche oncia o qualche chilo d’oro brillano in tutt’altra luce.
Il 2024 è stato un anno di magra per le obbligazioni. I rendimenti hanno iniziato l’anno a un livello basso: i Bund tedeschi a 10 anni rendevano appena il 2% e gli altri titoli di Stato dell’eurozona e le obbligazioni societarie con un buon rating creditizio rendevano poco più del 3%, con una durata di circa dieci anni.
Nelle ultime settimane dell’anno si è registrato un significativo aumento dei rendimenti globali, che ha comportato una corrispondente perdita di prezzo delle obbligazioni in circolazione. Nel complesso, il rendimento totale delle obbligazioni con un buon rating creditizio è stato un modesto 1,7% (Bloomberg Global Aggregate Index).
Misurato dall’indice REXP, il rendimento dei Bund tedeschi ha raggiunto l’1,1%. I titoli di Stato britannici e i Treasury statunitensi hanno registrato una performance nettamente peggiore, con i timori di un ulteriore aumento del debito pubblico che hanno portato i rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni al 4,6%, quasi un punto percentuale in più rispetto a settembre. Il che ha comportato per i detentori di titoli già in circolazione perdite di prezzo superiori agli interessi attivi.
Redazione
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