Intervista a Ramzi SIDANI, Senior Fund Manager Frontier Markets, HSBC Global Asset Management

In una fase in cui si discute molto degli elevati livelli di valutazione raggiunti da alcuni indici azionari, i mercati di frontiera presentano valutazioni meno care. Oltre al ratio P/e, quali sono a vostro giudizio i fattori che rendono l’asset class appetibile?

A oggi le valutazioni dei mercati di frontiera sembrano molto interessanti, soprattutto considerando che nel 2020 quest’asset class ha sottoperformato rispetto alla controparte dei mercati emergenti.

Oltre a essere scambiati con un rapporto prezzo/utili molto scontato rispetto ai mercati emergenti, i mercati di frontiera offrono una crescita dei ricavi di circa il 20% rispetto al 10% stimato per gli emergenti nel 2021. E di circa il 21% nel 2022 in contrapposizione al 16% atteso nei mercati emergenti.

Ramzi Sidani, HSBC Global AM

Inoltre, i mercati di frontiera offrono un rendimento da dividendi più alto di quello dei mercati emergenti, rispettivamente intorno al 3,4% e al 2,4%. Storicamente i mercati di frontiera hanno sempre goduto di una più bassa correlazione con i mercati sviluppati rispetto a quella dei mercati emergenti.

Nonostante possa sorprendere alcuni investitori, questo fa sì che i mercati di frontiera godano di una deviazione standard più bassa rispetto alla controparte emergente. Inoltre, questi mercati sono riusciti a lasciarsi alle spalle la fase più acuta della pandemia di COVID-19.

La maggior parte dei Paesi di frontiera vanta ancora indicatori economici molto solidi, come bassi livelli di debito, una ripresa a forma di V per il 2021, bassi livelli di penetrazione nella maggior parte dei settori e una classe media in crescita.

Riteniamo che i mercati di frontiera offrano opportunità interessanti per investire in società locali che beneficiano di solide dinamiche di crescita interna.

Dal momento che i mercati emergenti hanno registrato un buon incremento delle valutazioni nel 2020, nel 2021 gli investitori cercheranno nuove opportunità d’investimento al di fuori di queste aree. E riteniamo che l’asset class dei mercati di frontiera sia uno dei principali candidati.

I mercati di frontiera si distinguono per valutazioni più scontate rispetto ai mercati emergenti – che a nostro avviso non sono sostenibili – e per le solide prospettive di crescita.

Bassi livelli di capitalizzazione, instabilità politica, valute inclini alla volatilità estrema o alla svalutazione rappresentano alcuni elementi di rischio per coloro che investono nell’asset class. In questa fase di mercato quale fattore di rischio ritenete più pericoloso?

Tutti i rischi citati possono essere mitigati dalla diversificazione e da un’asset allocation adeguata. A nostro avviso, i rischi maggiori per i mercati di frontiera sono il rafforzamento del dollaro e il rapido aumento dei tassi d’interesse.

Non riteniamo che a oggi questi due rischi siano presenti, dal momento che il contesto dei tassi d’interesse dovrebbe rimanere vantaggioso nel medio termine. Riteniamo che la politica monetaria accomodante sia favorevole ai mercati azionari dei Paesi emergenti e che i mercati di frontiera dovrebbero alla fine beneficiare di un aumento degli afflussi e della liquidità.


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Stefania Basso

Laureata all'Università Statale di Milano, dal 2006 collaboro con Fondi&Sicav. Lunga esperienza nel settore del risparmio gestito come marketing manager presso Franklin Templeton Investments e J.P. Morgan Fleming Am a Milano e a Lussemburgo. Breve esperienza presso Lob Media Relations come ufficio stampa per alcune realtà finanziarie estere. In tutto il mio percorso professionale ho lavorato a stretto contatto con persone provenienti da diverse parti del mondo, che mi hanno permesso di avere un approccio dinamico e stimolante e di apprendere attraverso il confronto con realtà differenti.