La scelta di uno strumento Esg in qualche maniera porta il rapporto tra advisor e investitore su un piano abbastanza diverso rispetto alla tradizionale visione strettamente finanziaria che solitamente contraddistingue il dialogo tra le due parti.

Il punto di vista di Marco Bernardi, vicedirettore generale di Banca Generali.

Nel momento in cui un cliente sceglie un prodotto Esg, prova un plus di soddisfazione rispetto a un investimento tradizionale? Fornire una consulenza che preveda questo tipo di criteri rende più stretto il rapporto tra consulente e cliente? 

«A differenza di alcuni anni fa, quando la proposta di soluzioni di investimento sostenibili era principalmente limitata alla sfera istituzionale e ai banker con le competenze più estese, oggi la ricerca di investimenti Esg è sempre più seguita anche dalla clientela finale. Si tratta di un cambio di paradigma per certi versi epocale, che può essere solo parzialmente spiegato con la forte crescita delle proposte di investimento da parte dei grandi asset manager globali, ma che riflette soprattutto le rinnovate sensibilità e responsabilità delle persone prima e delle istituzioni politiche poi. 

Dal nostro osservatorio vediamo crescere costantemente la domanda di soluzioni legate alla sostenibilità, che hanno ormai raggiunto circa 7 miliardi di masse con la clientela che apprezza la trasparenza e l’accuratezza del nostro modello di consulenza.

Per superare le diffidenze da greenwashing, è infatti importante potere contare su strumenti e competenze che riescano a mostrare i vantaggi e l’oggettiva preposizione dell’investimento, fornendo anche elementi misurabili del ritorno non solo finanziario, ma anche in termini di valore aggiunto globale. In Banca Generali abbiamo dato vita a una piattaforma unica in grado di soddisfare queste esigenze che, unite all’impegno nella formazione continua dei colleghi di rete, rafforzano certamente il legame con la clientela».

L’Esg è una scelta che viene fatta da ogni tipo di cliente o ci sono elementi come l’età, la cultura, l’ampiezza del portafoglio o altro che caratterizzano l’investitore che punta sull’Esg?

«La sostenibilità è un fenomeno che riguarda in modo sempre più allargato ampie fasce di persone. Certamente una certa attitudine all’informazione e non solo all’istruzione rappresenta i tratti dell’investitore più sensibile a queste tematiche. Circa il 22% dei nostri clienti millennial possiede almeno una soluzione certificata Esg all’interno del proprio portafoglio, una quota molto simile a quella della generazione del baby boom che si attesta al 19% circa, a conferma della diffusione e del successo su target diversi di questi strumenti. Si tratta di dati che sono molto simili anche a quelli che riguardano i consulenti che collocano soluzioni di questo tipo, sintomo di un allineamento generazionale molto forte».

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Redazione

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