a cura di Pinuccia Parini

Federica Dossena
consulente finanziaria
presso Credem Euromobiliare Private Banking

Federica Dossena, consulente finanziaria presso Credem Euromobiliare Private Banking, è l’autrice di “Educazione finanziaria for dummies”. Il libro appartiene alla collana edita da Hoepli, che comprende manuali il cui scopo è essere guide facili da leggere, per lettori alle prime armi, su un determinato argomento. 

Perché ha deciso di diventare consulente finanziaria?

«Sono una donna che ha intrapreso questa carriera quasi per caso. Dopo una laurea in giurisprudenza e un tirocinio in ambito forense, mentre ero alla ricerca di un’attività che mi sarebbe piaciuto svolgere, ho deciso di affrontare l’esame per iscrivermi all’albo dei consulenti finanziari. È stata una scelta fatta non con la consapevolezza che avrebbe poi condizionato il mio futuro, bensì con l’idea che sarebbe stato un modo per ampliare le mie opportunità lavorative. E così è stato, perché da allora ho cominciato ad appassionarmi a questo mondo che, devo confessare, non era per me completamente nuovo, visto che sono cresciuta in un contesto familiare in cui la finanza è stata sempre presente, grazie all’esperienza lavorativa prima di mio bisnonno, poi di mio nonno e, infine, di mio padre. Dal 2014 ho iniziato a lavorare in questo campo, a fare corsi di formazione e ad affiancare figure professionali, con una lunga esperienza alle spalle, che mi hanno aiutato a crescere. Al termine di nove anni, posso affermare di svolgere il mio lavoro in piena autonomia, dopo avere attraversato periodi, come gli ultimi anni, nei quali non è stato facile gestire il rapporto relazionale con la clientela».

Che cosa le chiede un cliente quando la incontra la prima volta?

«Generalmente, la prima richiesta che mi viene fatta è di guadagnare tanto senza perdere nulla. La cosa interessante è che questo tipo di approccio è trasversale: non dipende, né dal grado di istruzione, né dal patrimonio della persona. Anche chi ha già operato alcuni investimenti e può avere una serie di conoscenze più specifiche non necessariamente è scevro da luoghi comuni o da mancanza di conoscenza. Ed è proprio anche da questa mia esperienza che ho compreso quanto sia importante non solo avere idee chiare su che cosa voglia dire fare il consulente finanziario, ma anche quanto sia necessaria l’educazione finanziaria. Credo che, in Italia, ce ne sia un forte bisogno».

A che cosa fa riferimento?

«Innanzitutto, credo che l’educazione finanziaria debba fare parte di un processo formativo sino dalla tenera età, per rendere i cittadini consapevoli e indipendenti. Inoltre, è fondamentale comprendere appieno il lavoro del consulente, la cui formazione non può essere delegata a un corso accademico, per quanto ricco di contenuti, ma inadeguato a offrire gli strumenti necessari per interfacciarsi con una variegata tipologia di risparmiatori. Detto ciò, devo rilevare con soddisfazione che all’interno delle reti bancarie, negli ultimi anni, le cose stanno gradualmente cambiando e si stanno creando scuole di formazione che rispondono a questo tipo di esigenza». 

In merito alla sua affermazione, ritiene che il lavoro del consulente non sia pienamente compreso?

«Credo che troppo spesso si confonda il lavoro del consulente con quello del gestore. È un luogo comune che si ripete e che vede una sovrapposizione di ruoli inappropriata: il consulente si occupa di pianificazione finanziaria e non della quotidianità dei mercati, delle loro oscillazioni e neppure delle previsioni sugli indici di borsa. Si tratta di un punto fermo con il quale devono confrontarsi anche gli stessi addetti ai lavori. Affinché tutto ciò sia possibile, è fondamentale che esista un entroterra culturale che faciliti la comprensione di questi concetti e, in tale senso, l’educazione finanziaria ricopre un ruolo vitale, perché serve a fare capire i concetti base: il valore del denaro, l’importanza del risparmio e dell’investimento, il ruolo della previdenza. Penso che siano temi non debitamente affrontati e che richiedano anche un cambio di atteggiamento culturale, perché l’indipendenza finanziaria è una delle componenti che rende un cittadino libero».

Sono state queste le riflessioni che l’hanno portata a scrivere il suo libro?

«Direi di sì, anche se sicuramente ho fatto mio un insegnamento del manager con cui sono cresciuta professionalmente, che mi diceva sempre di non temere che il mio bagaglio di conoscenza potesse essere inadeguato per incontrare un cliente, perché ne avrei sempre saputo più di quest’ultimo. È stato uno sprone che mi ha aiutato ad affrontare le situazioni e a trovare fiducia in me stessa, che si è rafforzata con l’esperienza e la constatazione di avere gli strumenti appropriati a disposizione per svolgere la professione. Ma tutto ciò per me non era abbastanza, perché era necessario che quanto avevo appreso venisse trasferito anche ad altri e ai miei stessi clienti. La consapevolezza che ci fosse un vuoto informativo e formativo cui anch’io, nel mio piccolo, avrei potuto dare un contributo a colmare, mi ha così indotto a scrivere un libro sull’educazione finanziaria. È stata una decisione nella quale, indubbiamente, si riflette anche la scelta di attribuire un valore etico a tutto ciò che faccio».

È stata una decisione maturata nel tempo?

«Ho iniziato con un blog e poi, gradualmente, è nata l’idea del libro. Esistono diversi modi di comunicare e, in base alle generazioni con cui ci si interfaccia, il linguaggio cambia molto. Io utilizzo diversi strumenti e il libro è uno di questi».

Ma proprio la forma del libro non rende più difficile la comunicazione con i più giovani?

«Non ho contezza del profilo delle persone che hanno acquistato il mio libro, ma la missione, insieme alla casa editrice, era di renderlo il più possibile fruibile e trasversale, che potesse essere adatto per i boomer, i millennial e la generazione Z. Per fare in modo che ciò fosse possibile, ho cercato di rendere la stesura semplice, utilizzando tanti esempi e i fumetti, che avevano riscosso successo quando li avevo impiegati sulla mia pagina Instagram. Non è, quindi, il canale digitale a permettere una migliore comunicazione, bensì le modalità con cui si esprimono i concetti».

È dunque importante semplificare il linguaggio finanziario?

«Ne sono convinta, perché viene percepito ancora come una barriera che allontana le persone dalla materia finanziaria, già di per sé considerata ostica e, a volte, quasi un tabù. Alla fine, se si riflette, si tratta di discutere di due macro aree: le azioni e le obbligazioni. Nel libro ho poi dedicato una parte anche alla finanza comportamentale, perché ritengo che fare i conti con i propri bias cognitivi sia d’ausilio a scardinare tutte quelle remore che ci tengono lontani da questo mondo».

Qual è stata la reazione di suoi colleghi e dei clienti alla pubblicazione del suo libro?

«Direi positiva da entrambi i lati. Un collega non solo l’ha regalato ai suoi clienti, ma lo usa come sussidiario durante alcuni incontri, facendo così educazione finanziaria. Per quanto riguarda i miei, per alcuni, che già conoscevano il mio approccio, non è stata una sorpresa, bensì una conferma di come io intendo la mia professionalità. In altri casi è stato invece un mezzo per conoscerne di nuovi. Devo dire che il libro ha aggiunto credibilità all’attività che svolgo». 

Come vede evolversi il suo lavoro nel futuro?

«Credo che ci sarà un impatto della nuova tecnologia, ma sono anche fermamente convinta che il lavoro del consulente finanziario abbia molto a che fare con le emozioni delle persone, con i loro sentimenti e la cui percezione e condivisione non potrà essere gestita da una macchina».

leggi il numero 161 


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Pinuccia Parini

Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav