Giordano Lombardo, ceo e co-chief investment officer di Plenisfer Investments Sgr spiega come muoversi in uno scenario difficile come quello attuale.
In uno scenario di stagflazione che non si vedeva da decenni, come si deve muovere un investitore?
«Ovviamente nessuno poteva prevedere l’avvento di eventi drammatici come la pandemia o l’invasione dell’Ucraina. Detto ciò, abbiamo fondato Plenisfer proprio perché vedevamo la fine di quello che è stato il paradigma consolidato per decenni, ovvero la combinazione di tassi bassi accompagnati da una progressiva disinflazione. Oggi ci troviamo in uno scenario opposto e riteniamo che un approccio tradizionale all’asset allocation, basato sul bilanciamento di azionario e obbligazionario, non sia più sufficiente. È necessario allargare la selezione ad altre asset class oggi ancora poco presenti nei portafogli degli investitori italiani. Allo stesso modo, pensiamo che partire da benchmark per le proprie scelte di investimento non sia la strada giusta e che sarà sempre più decisiva la capacità di selezionare singole opportunità. Dall’altra parte, a livello di equiy, si vedrà una sempre maggiore dispersione nei rendimenti dei singoli titoli con il mercato che andrà sempre più a dividersi fra due gruppi di aziende. Da una parte chi è dotato di modelli di business robusti e forte capacità di trasferire l’aumento dei costi sui propri prezzi. Dall’altra chi, privo di simili caratteristiche, si vedrà costretto a subire una marcata erosione dei propri margini a causa dell’inflazione».
Gli anni della pandemia hanno visto un’attenzione quasi maniacale nei confronti della digitalizzazione. Di recente, invece, le risorse naturali sono tornate al centro dell’attenzione. Qual è la vostra view su questa dicotomia?
«In realtà non vi è una contraddizione fra i due fenomeni. Infatti, riteniamo che la digitalizzazione continuerà ad essere un trend strutturale importante negli anni a venire. Cambierà, però, la maniera in cui esso verrà declinato. Spesso ci si dimentica che la tecnologia è costituita da una componente hardware molto importante, che necessita di materiali dall’offerta limitata. Per esempio, una delle maniere più promettenti per guadagnare esposizione a temi come l’auto elettrica o i microchip può passare dalle commodity necessarie per le batterie. In particolare, mi riferisco a metalli come il nichel, il cobalto o il litio».
Quali altri trend strutturali vedete in atto?
«Sempre nell’ambito dell’information technology, stiamo assistendo a una trasformazione importante, dopo un decennio dominato da fornitori di servizi a uso consumer. La situazione geopolitica probabilmente accelererà un trend già in atto, ovvero il rientro, quanto meno parziale, di alcune produzioni in occidente. Per fare fronte a costi del lavoro inevitabilmente più elevati, sempre maggiori investimenti si dirigeranno verso il comparto della robotica e dell’automazione, ovvero delle tecnologie che possono aumentare l’efficienza nella produzione. E ci saranno impatti anche su logistica e real estate, alla luce della necessità di ripensare le infrastrutture di trasporto e stoccaggio».
Redazione
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