Riteniamo che la recente crisi di diverse banche statunitensi non sia dovuta a cause sistemiche. Marco Pirondini, Head of Equities, US Portfolio Manager Amundi

Guardando al futuro, riteniamo che ci siano ora delle opportunità per sfruttare la volatilità nel settore bancario aumentando le allocazioni di portafoglio per quelle banche che riteniamo essere vincitori strutturali – quelle che hanno investito nella tecnologia o hanno dinamiche di deposito solide.

Quali sono gli impatti sul mercato dei recenti eventi del settore bancario USA?

Obbligazioni

Riteniamo che il fallimento della Silicon Valley Bank contribuirà a rendere più restrittive le condizioni finanziarie. Con una maggiore pressione sulle valutazioni dei titoli bancari, le banche possono diventare sempre più prudenti nell’erogazione del credito e porre maggiore enfasi sulla liquidità. Condizioni finanziarie più rigide possono contribuire ad ampliare gli spread sul mercato del debito societario, stante un premio per il rischio di mercato più elevato.

Azioni

Dal punto di vista azionario, la crisi del settore bancario ha indotto una reazione degli investitori caratterizzata da   ridotta focalizzazione sui fondamentali e “flight to quality”. Per gli investitori, questo ha comportato un allontanamento dalle azioni non statunitensi e dai settori ciclici verso settori più stabili come l’information technology e i servizi di comunicazione – una preferenza per il growth rispetto al value. I settori finanziario e energetico internazionali non hanno registrato movimenti di rilievo, mentre l’indice S&P 500 è stato leggermente positivo. Crediamo che una serie di conseguenze economiche deriveranno dai recenti eventi nel settore bancario:

  • L’inasprimento del credito metterà sotto pressione le aziende statunitensi.
  • Gli utili delle banche più piccole negli Stati Uniti saranno probabilmente messi in discussione e vi è il potenziale per ulteriori fallimenti in questo settore se le autorità di regolamentazione non agiscono.
  • Le banche più grandi dovrebbero beneficiare dei depositi delle banche più piccole ma i loro utili non dovrebbero esserne influenzati.

Perché le grandi banche ora?

Da quando è iniziata l’attuale crisi di liquidità, i timori che circondano le banche hanno pesato sulle valutazioni. Tuttavia, dobbiamo renderci conto che gli eventi del 2008 hanno fatto parte di una vera crisi del credito in cui le attività (principalmente le abitazioni) erano sostenute da un debito esorbitante con effetti amplificati dai derivati. Al contrario, la situazione attuale è una crisi di liquidità causata dalla rimozione della liquidità immessa con il quantitative easing da parte della Federal Reserve (Fed) ad un ritmo che non si vedeva dal 1930. Mentre questo ha causato tensioni nel sistema, la Fed ha ora fornito ampia liquidità e ha segnalato come una priorità la stabilità del sistema bancario statunitense. È importante notare che le grandi banche – in genere quelle con 100 miliardi di dollari o più di attività – hanno molta più liquidità delle piccole banche. Uno sguardo ai dati della Fed mostra che le grandi banche hanno il 10% di liquidità sulle attività totali contro il 6% delle piccole banche. Le grandi banche hanno tassi di copertura della liquidità ben al di sopra dei livelli richiesti.

Inoltre, la composizione dei depositi è diversificata, con la maggior parte proveniente dal segmento retail. I depositi retail hanno rappresentato il 57% del totale dei depositi medi nel 4Q 2022. I depositi delle aziende sono stati prossimi al 34% e le gestioni patrimoniali al 10%. Le banche regionali più piccole sono generalmente più esposte verso depositi commerciali e depositi per le gestioni patrimoniali, che sono più inclini a rapidi ritiri. Le grandi banche hanno anche un rapporto prestiti-depositi molto più basso rispetto alle piccole banche.

L’improbabilità di un aumento di capitale

C’è il timore nel mercato che le banche dovranno incrementare il capitale proprio per coprire potenziali carenze di liquidità a breve termine; stimiamo che, a fine marzo 2023, il mercato stava incorporando una diluizione delle azioni del 20-30% da potenziale raccolta di capitale tra le più grandi banche. Tuttavia, riteniamo che questo scenario sia improbabile dato che la Fed ha fornito ampia liquidità e che, entro la fine del 2023, i problemi di liquidità dovrebbero iniziare a invertire la tendenza. In alternativa, anche se le emissioni di azioni si riveleranno necessarie, il calo degli utili incorporati nei prezzi è di gran lunga superiore a quello che consideriamo plausibile sulla base dei fondamentali. La crescita dei prestiti può rallentare e i costi di assicurazione dei depositi probabilmente aumenteranno, ma non prevediamo un problema significativo a lungo termine.

Conclusioni

La nostra view a lungo termine è che quelle banche che sono definibili “vincitori strutturali”, sulla base di vantaggi competitivi guidati dalla tecnologia e/o da solidi dinamiche dei depositi, torneranno ad un profilo economico simile a quelle dei settori utilities/consumi di base, come prima della bolla immobiliare, premiando il gruppo con valutazioni relativamente difensive. Andando avanti, ci aspettiamo che la penalizzazione in termini di valutazione delle banche derivante da questa situazione di liquidità scompaia date le misure della Fed, della Banca nazionale svizzera e di altre istituzioni per fornire liquidità alle banche che ne hanno bisogno. Inoltre, come abbiamo visto dall’indomani della crisi finanziaria globale, la maggior parte delle banche ha continuato a dimostrare resilienza ad ogni situazione di stress economico, come dimostrato in periodi come il contesto di tassi di interesse a zero o quasi zero, recessione industriale e delle materie prime, rallentamento della crescita / errore di politica monetaria della Fed del 2018 e COVID-19. Di conseguenza, riteniamo che questa sia un’opportunità per trarre vantaggio dalla volatilità di mercato e aumentare le esposizioni a quelli che riteniamo siano i vincitori.

 


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Redazione

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