È indubbio che il momento, sia per gli investitori privati, sia per i consulenti, è durissimo. Per trovare un insieme di problemi così pesanti (inflazione, tassi che salgono con forza, azionario e obbligazionario in picchiata insieme, una guerra devastante alle porte di casa, la scarsità di energia e inizio di recessione) bisogna risalire indietro di decenni.

La quasi totalità dei gestori e degli advisor non ha mai affrontato rischi di questo tipo e quasi mai ha la preparazione tecnica e, soprattutto, psicologica, per muoversi in una situazione così difficile. In certi casi affrontare il panico del cliente è complicato e non è sufficiente dire che bisogna restare ancorati alla propria pianificazione a lungo termine.

In questo contesto Ruggero Bertelli, docente di gestione della banca, gestione del rischio di credito e gestione dei rischi finanziari all’Università di Siena, autore di numerosi libri e soprattutto uno dei più preparati esperti in Italia di finanza comportamentale, ha indubbiamente molto da dire.

Non a caso le reti di consulenti gli chiedono sempre più spesso di utilizzare le sue conoscenze per dare certezze comportamentali ai propri uomini che sono a contatto quotidiano con i risparmiatori.

La maggior parte degli investitori sta affrontando per la prima volta una serie di problemi molto pesanti per i mercati: l’inflazione, la guerra, le banche centrali scatenate nei rialzi dei tassi, la possibile recessione. Quali sono le reazioni degli investitori e dei consulenti di fronte a queste turbolenze?

«Per quanto riguarda gli investitori, la risposta è semplice: tende a prevalere la paura. Non una paura urlata, non la disperazione; si tratta, piuttosto, di un’oggettiva difficoltà a prendere decisioni di investimento, ad agire. I “nemici” (inflazione, recessione, energia) spaventano e l’investitore non vede soluzioni. Quindi, i soldi rimangono sul conto, mentre non si rinviano le spese, dopo i tanti sacrifici dovuti alla pandemia, che hanno determinato un eccesso di risparmio, prevalentemente depositato sui conti correnti. C’è dunque, da una parte, paura e, dall’altra, la voglia di riprendersi una vita normale spendendo. Gli orizzonti temporali si accorciano: il timore di investire, i soldi sul conto, la voglia di spendere alimentano questa tendenza, generando confusione. Del resto, se l’investitore guarda la sua posizione (e quando i mercati scendono lo fa più spesso), giunge rapidamente alla conclusione che era meglio averli spesi, quei soldi. I consulenti hanno di fronte i ribassi su tutto. La diversificazione tra azioni e obbligazioni sembra non avere funzionato. Si perde ovunque. Anche gli investitori prudenti perdono soldi. Può alimentarsi un ingiustificato senso di colpa, che inquina l’atteggiamento mentale, rende meno sicuro il ruolo di guida, che proprio in questo momento è indispensabile. E poi l’inflazione come si combatte? Ormai abituati a tassi in discesa e in territorio negativo, politiche monetarie super-espansive, governi e banche centrali a braccetto, il consulente può avere perso la lucidità necessaria per affrontare questa crisi come altre già vissute in passato».

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Redazione

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