Sempre più italiani sono consapevoli che il sistema previdenziale pubblico potrebbe non garantire una pensione adeguata. Tuttavia, molti rimandano la decisione di integrare la propria pensione, spesso a causa di incertezze e altre priorità finanziarie.

Edoardo Fontana Rava, direttore dei servizi di investimento e assicurativi di Banca Mediolanum, sottolinea:

«L’interesse degli italiani verso i prodotti previdenziali, più in generale verso il tema pensionistico, è sempre alto, con differenze riconducibili all’età e alle condizioni macroeconomiche di ognuno»

«Tuttavia, spesso l’interesse non si traduce in un’azione, ma in un atteggiamento attendista che porta al rinvio della decisione. Credo che i principali motivi siano due: la pensione viene percepita come un traguardo lontano, soprattutto dai giovani, mentre la pressione di spese quotidiane e imminenti come il mutuo, l’istruzione dei figli o altre spese, spesso hanno la meglio. Eppure, la previdenza deve diventare un elemento centrale per la vita delle persone. L’Italia è uno dei paesi con l’età media più alta in Europa e con un rapporto tra lavoratori attivi e pensionati in costante diminuzione. Tutto ciò solleva il tema della sostenibilità del sistema previdenziale pubblico».

Edoardo Fontana Rava ricorda anche i vantaggi fiscali: «I Piani individuali pensionistici (Pip) e i fondi pensione offrono vantaggi fiscali interessanti, che possono fungere da stimolo all’adozione di questi strumenti. Infine, per un investimento di tipo previdenziale, cui tendenzialmente si farà ricorso non prima di 20 anni, è preferibile scegliere il mercato azionario che storicamente consente performance più elevate in un orizzonte temporale così ampio. Le banche e i consulenti finanziari giocano quindi un ruolo cruciale nel colmare il gap informativo e nell’aiutare i clienti a pianificare con anticipo il proprio futuro pensionistico».

INTERESSE TRASVERSALE

In ogni caso, spesso la preoccupazione per il futuro non è tanto legata all’età, ma al tipo di lavoro che si svolge. Un professionista, per esempio, si sente tendenzialmente meno sicuro, rispetto a chi ha un lavoro fisso, il commento di Edoardo Fontana Rava, di Banca Mediolanum: «Partirei dal presupposto che la previdenza complementare è una responsabilità in un contesto consulenziale: tutti i clienti devono essere interessati e condotti nel progetto previdenziale con soluzioni e tempi diversi in base alle singole situazioni. Detto ciò, l’interesse varia in base a diversi fattori, tra cui l’età, il livello di reddito, la professione e il grado di educazione finanziaria. Le categorie più sensibili al tema della previdenza complementare sono tre: professionisti e lavoratori autonomi, che hanno una previdenza obbligatoria meno strutturata rispetto ai dipendenti pubblici e privati e sono quindi più consapevoli della necessità di integrare la pensione pubblica con strumenti privati e spesso dispongono di una capacità di risparmio maggiore. Anche i lavoratori con stipendi medio-alti e una fascia d’età tra i 30 e i 50 anni sono più consapevoli della necessità di una pianificazione previdenziale, in quanto spesso hanno già una visione chiara dei propri obiettivi finanziari. Infine, le persone prossime alla pensione, quindi nella fascia d’età tra i 50 e i 60 anni, sono più inclini a valutare strumenti previdenziali perché iniziano a confrontarsi con simulazioni di pensione che spesso rivelano un gap tra l’ultima retribuzione e l’assegno pensionistico. Tuttavia, ripeto, la sfida fondamentale per tutto il sistema finanziario è promuovere una campagna di sensibilizzazione soprattutto verso i giovani lavoratori, gli under 30. Nonostante spesso considerino lontana la previdenza complementare, sono loro la categoria che più di ogni altra beneficerebbe di un investimento previdenziale a lungo termine».


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Redazione

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