Jenna Barnard, Co-Head Global Bonds Janus Henderson
La riunione della Banca centrale europea (BCE) offre un’utile occasione per esaminare le solide basi su cui poggia il reddito fisso europeo.
A differenza del Regno Unito, che ha avuto problemi a ridurre l’inflazione residua e i salari elevati, e degli Stati Uniti, dove si discute dell’impatto inflazionistico dei dazi, la BCE gode ora di un contesto inflazionistico favorevole.
L’euro forte e i recenti prezzi bassi dell’energia contribuiscono a consolidare queste prospettive. Di riflesso nel comunicato di ieri la BCE ha rivisto al ribasso l’inflazione complessiva per il 2025 e il 2026 dello 0,3%, portandola rispettivamente al 2% e all’1,6%, mentre le aspettative di inflazione core sono rimaste invariate all’1,9% sia per il 2026 che per il 2027.
Dopo aver tagliato i tassi dal picco del 4% al 2%, ulteriori riduzioni dipenderanno dai dati e dall’andamento della guerra dei dazi. Nei suoi scenari, la BCE osserva che qualsiasi ulteriore escalation delle tensioni commerciali avrà effetti disinflazionistici e negativi sulla crescita.
Di conseguenza, il reddito fisso europeo ha rappresentato un’allocazione difensiva in termini di duration rispetto ad altri mercati. I titoli di Stato tedeschi a dieci anni hanno recuperato tutta la loro breve ma drammatica sottoperformance rispetto ai Treasury USA a dieci anni, causata dall’espansione fiscale annunciata dalla Germania il 5 marzo 2025. E non hanno risentito della recente apprensione tecnica (preoccupazioni sui livelli di offerta) degli altri mercati (Regno Unito, Stati Uniti e Giappone).
Nel frattempo, i titoli di Stato tedeschi hanno continuato la loro sovraperformance strutturale rispetto ai titoli di Stato britannici, evidente negli ultimi cinque anni.
L’Eurozona è l’unica grande economia sviluppata che dovrebbe raggiungere un tasso di inflazione core pari o inferiore al 2% entro il prossimo anno. L’inflazione complessiva è già all’1,9% su base annua.
I dati degli ultimi giorni sottolineano questa tendenza: a maggio l’indice core destagionalizzato ha registrato un dato mensile negativo, pari a -0,12%. Si tratta del primo dato mensile negativo in quattro anni. L’inflazione core nel secondo trimestre è ora al 2% su base annualizzata e il dato su base annua è al 2,3%. Sono stati compiuti progressi significativi grazie all’attenuarsi degli shock dal lato dell’offerta, al calo dei prezzi dell’energia, alla domanda moderata e alla normalizzazione dei salari.
I salari svolgono un ruolo fondamentale nel determinare le prospettive di inflazione, soprattutto in Europa, dove il coefficiente della curva di Phillips è più pronunciato rispetto ad altre regioni.
Gli attuali indicatori prospettici, tra cui l’Indeed Wage Tracker, l’ECB Wage Tracker e l’indagine telefonica della BCE, prevedono tutti che gli aumenti salariali rimarranno al di sotto del 3% entro la fine dell’anno.
Ciò è in linea con le aspettative di un’inflazione core che dovrebbe rimanere al 2% o al di sotto. In particolare, i salari negoziati sono recentemente scesi al 2,4% nel primo trimestre del 2025, segnalando ulteriori potenziali rischi al ribasso per l’inflazione.
Redazione
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