Negli ultimi dieci anni le azioni dei paesi emergenti hanno sottoperformato anche gli indici obbligazionari emergenti. Tim Love, responsabile strategie azionarie paesi emergenti di GAM Investments

Questo è stato chiaramente un inizio d’anno estremamente impegnativo per i mercati azionari emergenti, che hanno subito un brusco sell-off sulla scia delle preoccupazioni per una potenziale escalation dell’epidemia di coronavirus. Sin dallo scoppio della SARS nel 2002/2003 abbiamo avvertito che i “cigni neri” potrebbero rivelarsi il rischio maggiore per questa asset class. È troppo presto per valutare se l’attuale situazione in Cina si rivelerà tale e, pertanto, riteniamo sia meglio tenere riserve liquide, stare all’erta e guardare al medio e lungo periodo.

Approccio agnostico

In quest’ottica, ribadiamo la nostra convinzione di fondo: il focus sulla cattura del potenziale di rialzo è fondamentale quando si ha a che fare con l’equity emergente, evitando allo stesso tempo un’eccessiva esposizione al ribasso. Il nostro approccio generale è agnostico dal punto di vista dello stile. Piuttosto che privilegiare approcci growth value, cerchiamo di acquistare titoli di alta qualità a valutazioni interessanti, nel contesto di un solido quadro di gestione del rischio. La diversificazione (a livello di Paese, di settore e di azioni) è un fattore chiave di attenuazione del rischio, così come la costruzione disciplinata del portafoglio e la gestione del rischio.

Focalizzarsi su titoli liquidi

La liquidità è particolarmente critica in un ambiente risk-off, in quanto riteniamo sia importante la possibilità di uscire rapidamente dalle posizioni, se necessario. In quest’ottica, privilegiamo le partecipazioni di qualità superiore (in termini di free cash flow e capitale circolante) e limitiamo rigorosamente le nostre allocazioni agli investimenti nei mercati di frontiera meno liquidi. Siamo fermamente concentrati sui fondamentali, sulle valutazioni e sulla logica di rischio/rendimento per l’acquisto in questa classe di attivi.

Già prima dell’insorgenza del coronavirus, l’indice MSCI EM trattava sostanzialmente al di sotto del picco del 2007 e le azioni presentano attualmente valutazioni interessanti. In termini relativi, negli ultimi 12 anni l’azionario emergente è stato ampiamente trascurato. Alla fine del 2019 ha registrato una crescita importante, ma riteniamo che questa sia stata solo la prima tappa di una ripresa a medio-lungo termine. Come già sottolineato, riteniamo che sia essenziale cogliere l’upside (oltre a cercare di fornire un isolamento dal ribasso), per cui dobbiamo essere posizionati per trarre vantaggio dai rimbalzi che seguono i picchi di minimo.

Un universo quasi del tutto investment grade

Spesso ci riferiamo all’universo azionario emergente come all’ultimo “ritardatario dell’investment grade” rimasto, dato che otto dei primi dieci mercati emergenti hanno ora questo rating. Dal momento che le azioni dei mercati emergenti hanno sostanzialmente sottoperformato i corrispettivi mercati obbligazionari sovrani, ci aspettiamo di vedere afflussi di liquidità da parte di investitori crossover e di chi è alla ricerca di un carry trade positivo.

A nostro avviso, l’azionario emergente è ben posizionato in termini di struttura e robustezza dei bilanci e sembra offrire un appeal convincente agli investitori che seguono un approccio valuegrowth e di ricerca del rendimento.


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Redazione

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