Ancora una volta l’universo emergente mostra la sua eterogeneità. Gli indici azionari di Brasile, India e Argentina tra i peggiori

La pandemia partita dalla città cinese di Wuhan ha fatto presto ad approfittare delle autostrade messe a disposizione dalla globalizzazione degli ultimi decenni per arrivare quasi in ogni angolo del pianeta. Per ora, stando ai dati ufficiali, i colpi più duri sono stati incassati dai paesi industrializzati. Negli ultimi giorni cominciano ad arrivare notizie relative alla diffusione del Covid-19 anche in aree economicamente depresse e non in grado di far fronte ad un’eventuale accelerazione del problema a causa: delle condizioni in cui versano i servizi sanitari; di risorse insufficienti a predisporre una risposta adeguata.

E’ probabile che questo ‘ritardo’ nell’arrivo della pandemia abbia in parte giustificato la migliore tenuta di alcune Borse emergenti in questa fase caratterizzata da cadute libere e forti saliscendi dei principali indici azionari. L’indice Msci Emerging Markets ha perso il 22,8% da quando i mercati hanno cominciato a cedere (21 febbraio). Nello stesso lasso di tempo, il suo omologo Msci dedicato ai mercati maturi e industrializzati ha accusato una flessione del 26%. Nonostante questa migliore evoluzione, nell’ultimo mese, i deflussi complessivi da fondi ed Etf focalizzati sugli Em hanno toccato l’1,2% del patrimonio gestito (contro lo 0,8% dell’equity dei paesi industrializzati)

 

Tre punti percentuali di differenza che non danno l’idea dell’eterogeneità che ha caratterizzato l’universo emergente (per farsi un’idea basti pensare che la Borsa cinese ha limitato le perdite al 10% mentre quella brasiliana è sprofondata del 31%). La Borsa di San Paolo del Brasile ha dovuto fare i conti con numerose variabili sfavorevoli come il crollo delle quotazioni delle materie prime (e in special modo del petrolio -sceso ai livelli più bassi degli ultimi venti anni- a causa della guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia). Il colpo è stato durissimo per i paesi emergenti produttori di petrolio (Brasile, Colombia, Messico e Russia). Nonostante ciò, i listini azionari di questi due ultimi paesi sono riusciti a limitare le perdite al 20%.

Chi trae beneficio dal crollo del petrolio?

L’altra faccia della medaglia è offerta dal gruppo di paesi emergenti che trae i maggiori benefici dal prezzo del greggio a questi livelli. Il gruppo è nutrito: i paesi dell’Europa centrale e orientale, l’Indonesia, le Filippine, la Turchia e l’India. Per queste realtà, la riduzione dei costi dell’energia potrebbe compensare in larga parte i crescenti deficit delle partite correnti. Tuttavia, anche in questo caso la risposta dei listini è stata disomogenea: l’indice Nifty 50 di riferimento in India ha perso circa il 28%; quello della Borsa turca ha frenato del 21%.

Minori costi di finanziamento

Un altro elemento che potrebbe contribuire al contenimento del calo delle quotazioni nei mercati emergenti è dato dall’elevata concentrazione delle emissioni obbligazionarie realizzate da questi paesi in dollari statunitensi. La recente decisione della Federal Reserve di tagliare con decisione il costo del denaro negli Stati Uniti, contribuirà a comprimere i cisti di finanziamento di tutte le emissioni realizzate nella divisa statunitense.

I listini troveranno un floor solo quando sarà più chiara la via d’uscita dal tunnel della pandemia. Nel frattempo, gli interventi delle banche centrali hanno contribuito a riportare la calma sui mercati obbligazionari e a far risalire con forza le quotazioni dei titoli di stato emergenti denominati in usd. Lo stimolo monetario non è ancora arrivato al segmento high yield che, tuttavia, viene indicato come un’opportunità da molti gestori a causa di quotazioni talmente sacrificate da scontare scenari da impennata dei default societari.

Nonostante la migliore tenuta dell’universo emergente, i deflussi da quest’asset class continuano ad essere intensi a causa dei timori di illiquidità per azioni e bond di questi paesi.

 


Unknown's avatar
Rocki Gialanella

Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.