Small cap Usa. Negli ultimi tre mesi il Russell 2000 ha sovraperformato l’S&P500. A colloquio con Andrew Smith, US Equities Client Portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments

Quali sono, a vostro giudizio, i fattori che rendono l’investimento in small cap interessante in questa fase?
Al momento, le small cap statunitensi appaiono particolarmente interessanti per diverse ragioni. Guardando alle previsioni per quest’anno, la crescita dell’utile per azione (EPS) delle società a piccola capitalizzazione dovrebbe superare quella delle large cap. Questo, unito al fatto che le small cap sono scambiate a sconto rispetto alle large cap, offre un punto di ingresso particolarmente interessante, poiché gli investitori possono guadagnare dal mix utili superiori e valutazioni più convenienti. Chiaramente esistono dei rischi, soprattutto se dovessimo assistere ad un’ulteriore escalation della guerra commerciale e tariffaria o se la crescita economica dovesse deteriorarsi in modo significativo, poiché le small cap sono particolarmente sensibili al contesto economico dato il loro elevato grado di esposizione ai ricavi domestici. Anche un’eventuale ripresa degli “animal spirits” nei mercati dei capitali, potenzialmente stimolata da un’ulteriore deregolamentazione da parte dell’amministrazione Trump, rappresenterebbe un segnale rialzista, in quanto potrebbe favorire l’attività di M&A e creare un clima più propenso al rischio nei mercati azionari.
Inoltre, le small cap statunitensi offrono un’esposizione differenziata al mercato azionario statunitense rispetto al settore delle large cap, sempre più focalizzato e concentrato, dominato da poche grandi società per lo più nel settore tecnologico o in settori collegati. Il cosiddetto gruppo delle “Magnifiche 7” rappresenta oggi circa il 35% dell’intera capitalizzazione di mercato dell’S&P 500, mentre le altre 497 società costituiscono il restante 65%. Pertanto, le small cap offrono un modo complementare per investire nell’azionario statunitense, ma senza dipendere dalla continua sovraperformance di un piccolo gruppo di società tecnologiche per sostenere i rendimenti del mercato.
Quanta spinta alla performance delle small cap potrebbe arrivare da un allentamento monetario da parte della Federal Reserve?
Il recente taglio dei tassi da parte della Federal Reserve ha offerto un sostegno alle small cap statunitensi, soprattutto perché sia il mercato sia il dot plot della Fed si aspettano che l’allentamento della politica monetaria continuerà. Da fine luglio al 16 ottobre, con l’aumentare delle aspettative di un taglio dei tassi, l’indice Russell 2000 ha sovraperformato l’S&P 500 del 6,5%. Anche la storia è dalla parte delle small cap: secondo diverse ricerche, il rendimento medio del Russell 2000 a un anno dalla ripresa dei tagli dei tassi da parte della Fed dopo un periodo di pausa è del 35%, contro il 23% dell’indice S&P 500. L’attuale combinazione di una politica monetaria accomodante in un contesto economico relativamente resiliente e stabile favorisce le società a piccola capitalizzazione e potrebbe contribuire a sostenere il loro recente successo. Il calo dei tassi tende a stimolare le small cap, dato che, in genere, hanno un indebitamento maggiore in bilancio (tassi più bassi, quindi, riducono l’onere degli interessi passivi. Fatte queste considerazioni, bisogna però ammettere che molte di queste società hanno resistito bene al recente periodo di tassi più elevati. Spetta a noi, in qualità di gestori attivi, determinare quali società sono in grado di sopportare tassi più elevati e quali no.
Rocki Gialanella
Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.

