Bond Bulletin settimanale a cura del team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management 

Lo stallo politico in Francia è diventato una questione fiscale e i mercati stanno iniziando a richiedere un premio per il rischio di governance. Analizziamo come l’insostenibilità del debito, la frammentazione politica e le dinamiche del valore relativo stiano definendo le prospettive per i titoli di Stato e le obbligazioni societarie francesi.

 

 

Fondamentali

Il contesto macroeconomico in Francia continua a deteriorarsi in modo lento e graduale. Quest’anno la crescita reale del PIL si attesta solo allo 0,6%, l’inflazione è scesa sotto l’1,0% e il disavanzo di bilancio è fermo intorno al 5,5% del PIL, uno dei più elevati dell’area euro.

Parte del problema risiede nella governance: la frammentazione politica che ha fatto seguito alle elezioni dello scorso anno ha impedito a Parigi di attuare riforme strutturali significative per contenere la spesa. La Francia spende circa un terzo del proprio bilancio in sussidi sociali e la resistenza al cambiamento, dalla riforma delle pensioni alla flessibilità del lavoro, rimane profondamente radicata.

Oggi i pensionati hanno un reddito medio più elevato rispetto alla popolazione in età lavorativa, a testimonianza del fatto che le priorità di bilancio sono orientate verso la tutela dei diritti acquisiti anziché verso il miglioramento della produttività. La decisione del primo ministro Lecornu di rinviare ulteriori aumenti dell’età pensionabile a dopo il 2027 ha garantito la stabilità politica nel breve termine, a discapito dei progressi sul versante della spesa pubblica.

Il compromesso lo ha aiutato a resistere a due voti di sfiducia, ma se per il momento la posizione del governo appare più sicura, l’assenza di una maggioranza stabile rimane un ostacolo per una riforma finanziaria significativa. Questo panorama politico frammentato mina la credibilità proprio nel momento in cui la procedura d’infrazione per eccesso di disavanzo da parte della Commissione europea esige un percorso correttivo plausibile entro il 2029. Con un livello di indebitamento superiore al 113% del PIL, la Francia dipende da rendimenti bassi per sostenere il proprio debito.

Attualmente, però, l’inflazione è troppo bassa per consentire di ridurre gradualmente nel tempo il valore reale dell’onere del debito. Il declassamento di Fitch ad A+ ha confermato i timori, ma è improbabile che provochi automaticamente vendite su larga scala. Secondo le indagini, è possibile che alcuni istituti riducano gradualmente l’esposizione moderando gli acquisti futuri, mentre le vendite forzate dovrebbero limitarsi agli investitori soggetti a vincoli di rating. Il declassamento evidenzia tuttavia un cambiamento di percezione: la Francia viene sempre più considerata un’emittente semi-core piuttosto che un porto sicuro all’interno dell’area euro.

 

Valutazioni quantitative

La variazione di rating si manifesta più chiaramente negli spread. Il differenziale tra i titoli di Stato francesi (OAT) e quelli tedeschi (Bund) è tornato a circa 70 punti base (pb) dopo la temporanea tregua tra governo e parlamento, ma si mantiene ben oltre i livelli precedenti al 2024. Ma quello che conta è la direzione intrapresa e la variazione del valore relativo all’interno del blocco. Gli investitori stanno sempre più abbandonando gli OAT per orientarsi verso i titoli di Stato italiani (BTP), poiché il deficit dell’Italia (che attualmente tende al 3% del PIL) sta diminuendo, mentre quello francese è in aumento.

I BTP hanno beneficiato di un miglioramento del rating e di una maggiore visibilità politica, mentre la Francia ha subito un declassamento e aumentato il volume delle emissioni, invertendo la tradizionale dinamica che differenzia i Paesi core da quelli periferici. Il credito societario presenta un quadro più sfumato. Alcune società con rating elevato non stanno subendo ricadute per quanto sta accadendo al debito sovrano, rispecchiando la maggiore fiducia degli investitori nella solidità creditizia e nella diversificazione dei profitti di tali aziende a livello globale rispetto alla posizione di bilancio della Francia. Al momento, gli investitori stanno differenziando il rischio politico della Francia e la solidità creditizia delle imprese francesi.

Fattori tecnici

Il fabbisogno di finanziamento lordo della Francia rimane elevato. L’Agence France Trésor, l’ufficio governativo per la gestione del debito pubblico, punta a raggiungere circa 300 miliardi di euro di emissioni a medio e lungo termine nel 2025, un modesto incremento rispetto al 2024, ma comunque tra i più consistenti in Europa. La fine dei reinvestimenti previsto dal Programma di acquisto per l’emergenza pandemica della Banca Centrale Europea a dicembre 2024 ha eliminato un acquirente fondamentale per la stabilizzazione, lasciando un vuoto che gli investitori nazionali dovranno colmare.

Le compagnie assicurative e i fondi pensione francesi sono acquirenti naturali di titoli a lunga scadenza, ma rimangono sensibili ai prezzi in un contesto di tassi più elevati. Finora le aste hanno riscosso un buon successo, segno che la domanda da parte degli investitori istituzionali rimane forte, ma l’equilibrio è delicato. La domanda estera è diventata di natura più tattica: a livello globale, gli investitori real money preferiscono l’Italia e la Spagna per motivi di spread incrementale.

Se questa tendenza dovesse continuare, l’autorità francese potrebbe trovarsi ad affrontare una curva di finanziamento più accentuata. Questo posizionamento netto corto indica che gli investitori stanno già scommettendo su un aumento degli spread. Ciò limita un ulteriore ampliamento nel breve termine, poiché qualunque miglioramento del clima di fiducia potrebbe innescare una copertura delle posizioni corte, riflettendo un mercato fondamentalmente debole ma tecnicamente sostenuto.

 

Cosa significa per gli investitori obbligazionari?

Il premio al rischio della Francia è ora strutturale, non più ciclico. La paralisi politica e i persistenti disavanzi di bilancio giustificano uno spread intrinseco rispetto ai Bund, ma la forte presenza di posizioni corte nel mercato e il robusto sostegno interno rendono improbabile un ampliamento scomposto. Per gli investitori, questo crea un’opportunità di trading range: ridurre tatticamente quando gli spread si restringono sotto i 70 pb e rientrare vicino ai 90 pb.

Anche il posizionamento sulla curva offre opportunità: il carry della parte anteriore della curva rimane interessante, mentre la sezione centrale e il segmento finale appaiono meno attraenti alla luce dei premi di rischio impliciti. Il mercato OAT offre ancora liquidità e valore sul piano tattico, ma finché Parigi non dimostrerà una politica di bilancio risoluta, l’etichetta “core” potrebbe richiedere un asterisco.


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Redazione

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