A cura di Angelo Meda, responsabile azionario di Banor

Il 1° gennaio i contatori ripartono da zero: ci lasciamo alle spalle un anno buono per le principali classi di investimento (azioni, obbligazioni e oro hanno chiuso rispettivamente circa a +20%, +7% e +10%), spinti al rialzo da un calo dei tassi derivante dal rientro dell’inflazione, tornata rapidamente tra il 2% e il 3% in Europa e in USA.

Cosa dobbiamo tenere monitorato nel 2024 per capire la direzione dei mercati?
Angelo Meda

Finora l’inizio d’anno è stato molto tranquillo con i principali indici poco mossi: da segnalare solamente le performance divergenti di Cina (in negativo, -4% Hang Seng) e Giappone (in positivo, +5%), il rialzo del prezzo del petrolio e il rialzo del Bitcoin (per l’approvazione dell’ETF).

L’indice di volatilità VIX, chiamato l’indice della paura, è a 12: uno dei valori più bassi degli ultimi anni, segnalando la compiacenza del mercato e la tranquillità degli operatori, che hanno ormai metabolizzato il cambio di politica monetaria da parte della Fed, più orientata a tagliare i tassi nel momento i cui i dati macroeconomici dovessero peggiorare.

I dati probabilmente più guardati dagli operatori nel corso del 2024 saranno l’inflazione, che dovrà confermarsi sotto controllo e di conseguenza i tassi. Ma la vera domanda da porsi è se avremo il famoso “Soft landing”, un “No landing” o se i dati peggioreranno portandoci all'”Hard landing”, l’atterraggio duro.
Come vengono definiti questi scenari?
  • Soft landing” è uno scenario dove la crescita del PIL USA risulterebbe tra l’1,0% e il 2,5% per il 2024;
  • No landing” vede la crescita sopra il 2,5% (di fatto non avremmo mai avuto un rallentamento);
  • Hard landing” vede una discesa vicino allo zero o, peggio ancora, una recessione.

Per ora il primo dato di inflazione del 2024 è stato leggermente superiore alle attese: il CPI (Consumer Price Index) uscito l’11 gennaio è risultato di +30 punti base mese su mese contro le attese di +24. Il dato sul mercato del lavoro invece segnala un’economia ancora forte: come sempre il primo venerdì del mese abbiamo avuto l’indicazione di 216.000 posti di lavoro creati a dicembre, 41.000 sopra la stima, con una disoccupazione stabile al 3,7% e salari in aumento del 4,1%.

Per ora la narrativa rimane dunque quella del “Soft landing“: l’economia che rallenta, l’inflazione che rimane sotto controllo e il consumatore USA ancora forte.

Qualche dubbio però inizia ad insinuarsi:

  • intanto quello che era il primo taglio dato per certo, di marzo, non lo è più: adesso i future sui Fed funds scontano il 70% di probabilità di taglio, leggermente meno della certezza di fine 2024;
  • anche l’inflazione leggermente sopra le attese, per ora viene giustificata da alcune componenti volatili su base mensile (es. prezzi delle auto usate …), ma il ricordo del forte rialzo del 2022 è ancora vivo;
  • infine, accadranno nei prossimi giorni anche diversi avvenimenti che potranno creare scossoni: le elezioni di Taiwan, le primarie nei primi stati USA (Iowa il 15) e soprattutto le prime trimestrali dell’anno.

Da questo punto di vista, dovremmo assistere a un’accelerazione della crescita rispetto al terzo trimestre del 2023. Ma fondamentali saranno le indicazioni sull’anno in corso: la stima di crescita dell’utile per l’S&P500 è del 10% circa e questo valore, dipendente principalmente dal PIL USA, sarà il numero chiave per valutare la direzione degli indici azionari.


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