Raffaele Prencipe, fund manager fixed income di DPAM e Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia commentano le possibili implicazioni del caso Svb

Il crack della SVB, che per dimensioni assolute è paragonabile a quello del Monte Dei Paschi di Siena, è il secondo più grande fallimento bancario della storia se si escludono quelli avvenuti durante la Grande Crisi Finanziaria del 2008 e la crisi del debito europeo (si veda la tabella). Il rischio di tasso di interesse di SVB tra asset (obbligazioni a lungo termine a tasso fisso) e passività (depositi a breve termine a tasso variabile) non era coperto. Normalmente, le banche utilizzano gli swap per coprirlo.  Con l’aumento dei tassi di interesse, il valore degli asset è diminuito mettendo quindi nelle ormai note difficoltà la banca californiana. Il caso SVB ha fatto sorgere in molti il dubbio, può accadere qualcosa del genere ad una banca più grande? La risposta è no; nessuna grande banca ha una gestione del rischio così carente. Una banca viene considerata “non in regola” se il suo patrimonio netto perde più del 15% del suo capitale Tier 1 negli stress test basati su scenari (ad esempio uno spostamento parallelo di 200 punti base dei rendimenti) stabiliti dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. SVB probabilmente era ben al di sopra di questa soglia. Il problema della Silicon Valley Bank si è verificato perché le banche americane con asset inferiori a 250 miliardi di dollari ricevono un controllo più leggero e non sono sottoposte annualmente all’analisi e alla revisione completa del capitale della Federal Reserve (CCAR).

A meno che le autorità non istituiscano un fondo straordinario per i rimborsi, molti risparmiatori subiranno delle perdite e, in generale, ci potranno essere conseguenze di vario tipo tra cui:

– maggiori deflussi di depositi

– una diminuzione del margine di interesse netto del settore

– un problema temporaneo di finanziamento per alcune aziende tecnologiche

– un inasprimento delle condizioni finanziarie

– una politica monetaria più allentata.

Più grandi fallimenti bancari      Asset (mld) Anno     Paese
1             Royal Bank of Scotland   £2.2tn     2008      UK
2             Fortis Bank                        €770     2008      Belgium
3             Dexia                                 €650     2008      Belgium
4             Lehman Brothers              $640      2008      US
5             Resona Bank                     ¥‎49tn    2003      Japan
6             Hypo Real Estate              €400      2008      Germany
7             Bear Stearns                     $400      2008      US
8             Bankia                               €320     2012      Spain
9             Washington Mutual          $310     2008      US
10          WestLB                              €290    2008        Germany
11          Monte dei Paschi              €225      2012      Italy
12          Silicon Valley Bank           $210       2023      US
13          Long-Term Credit Bank   ¥‎26tn       1998      Japan
14          Northern Rock                  £110      2007      UK
15          Banco Popular                  €150      2017      Spain
16          SNS                                   €130      2013      Netherlands

Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia

La soluzione proposta da Federal Reserve, Dipartimento del Tesoro e Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) per fronteggiare il fallimento di Silicon Valley Bank (SVB) non ha frenato la perdita di fiducia degli investitori sul settore finanziario statunitense e anzi ha mostrato una diffusione anche in Europa. Neppure le parole del presidente Joe Biden, pronto a attuare qualsiasi cosa necessaria per proteggere il settore bancario, hanno avuto effetto per allentare le recenti tensioni.

Negli Stati Uniti a Wall Street altre banche “regionali” evidenziano dei crolli significativi. First Republic Bank mostra un calo del 75% del proprio valore, Western Alliance Bancorp del 80%, PacWest Bancorp del 54%, East West Bancorp del 40% e Zions Bancorporation del 32%.

Perchè la soluzione non sta funzionando?

Intanto perchè Governo e FED hanno internalizzato i problemi di SVB e di Signature Bank e delle future banche regionali in difficoltà dentro al settore bancario USA, coinvolgendo anche le banche più sane, aumentando così il rischio di insolvenza anche a tutti quegli istituti che si sono impegnati a sanare i propri bilanci.

Perchè vengono contagiati anche gli istituti europei?

Perchè il sentiment degli investitori è negativo sul settore bancario soprattutto nei confronti delle banche che negli ultimi anni hanno mostrato più problemi di liquidità. Credit Suisse perde il 10% e i CDS (credit default swap) sui bond della banca svizzera (assicurazione in caso di default) sono arrivati a quotare sui massimi storici. La tedesca Commerzbank perde il 13%.  Siamo in una situazione di flight to quality dove si vendono azioni di banche per spostarsi su bond. Nelle ultime 3 sedute il bond governativo statunitense (treasury) con scadenza a 2 anni è passato dal 5% di rendimento al 4,10%. Stesso comportamento anche in Europa con il btp a due anni che ha mostrato un rendimento in calo dal 3,88% al 3,44%.

Quali conseguenze sul settore bancario statunitense?

Una stretta di regolamentazione indubbiamente. Dopo le scelte dell’amministrazione Trump di agevolare il settore finanziario con un ammorbidimento della regolamentazione e della vigilanza ci sarà un netto cambio di rotta che avrà conseguenze negative sulle performance di lungo periodo.

Quali conseguenze sulle decisioni della Federal Reserve?

La Federal Reserve oltre al dilemma dell’inflazione avrà anche quello dell’instabilità finanziaria. Dopo un lungo processo di azioni restrittive qualcosa ha cominciato a rompersi all’interno del sistema. La nostra convinzione è che nel prossimo meeting di marzo si escluderà del tutto un rialzo di 50 basis points e si discuterà se fare una pausa nel processo di rialzo dei tassi. Indubbiamente gli sviluppi di un possibile contagio della crisi delle banche regionali sarà sotto stretto monitoraggio da parte della FED oltre al dato sull’inflazione di febbraio che sarà pubblicato il 14 marzo. Manteniamo le nostre aspettative su un rialzo di 25 basis points da parte della FED ma potrebbe essere l’ultimo della serie.


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