Dopo decenni che non si vedeva più, l’inflazione ha rappresentato un elemento trainante per la raccolta delle reti. Le famiglie hanno colto il pericolo che i loro risparmi venissero brutalmente falciati da tassi di aumento del costo della vita anche superiori al 10%. E molte persone che si crogiolavano nella tranquillità di un conto in banca hanno deciso di reagire. Ma quanto è davvero contata l’inflazione sugli ottimi risultati dei consulenti finanziari?

Marco Bernardi (Banca Generali): «L’inflazione genera paura e incertezza. La nostra raccolta si conferma su livelli molto forti da diversi anni, poiché è il bisogno di professionalità a spingere i risparmiatori verso il nostro modello di offerta e consulenza. La dinamica dei prezzi ha influito sulle soluzioni amministrate e sulla paura di breve, ma il trend delle reti ha una base d’eccellenza che  proviene da lontano. Dieci anni fa avevamo 5 miliardi di masse e oggi 83, con una tenuta anche in un anno difficile come il 2022».

Fabio Cubelli (Fideuram Ispb): «Certamente l’inflazione nel 2022 è stato il fenomeno che ha generato maggiore incertezza sui mercati, mettendo fine a un lungo periodo di tassi negativi e di prezzi stabili. È chiaramente stato un game-changer al quale, però, le banche centrali hanno reagito con fermezza e con interventi rilevanti. Il settore, comunque, ha dimostrato di essere reattivo e preparato a gestire una fase di storno anche consistente. Le nostre reti sono costituite da moltissimi professionisti con esperienza pluriennale: sono advisor che di crisi ne hanno viste e gestite tante negli anni passati e, quindi, sono in grado di gestire l’emotività dei clienti. Dove, invece, siamo in presenza di consulenti giovani, questi lavorano in team con professionisti senior, che garantiscono formazione e affiancamento».

Luigi Provenza (Banca Widiba): «L’inflazione è qualcosa di nuovo per molti investitori. I più giovani ne hanno scoperto da poco l’esistenza, venendo da anni con bassi livelli. Trovarsi a fare i conti con un potere di acquisto ridotto rispetto al passato sicuramente ha modificato alcuni comportamenti e scelte di investimento. Gli interessi reali possono essere anche molto distanti da quelli generati dai propri investimenti: di conseguenza, sempre di più, serve l’assistenza di un professionista della finanza».

Gianluca Scelzo (Copernico Sim): «L’inflazione ha certamente provocato forti problemi ai portafogli fermi dei clienti, ma ancora l’italiano medio non ha la completa percezione di quanto sia per lui un danno lasciare i soldi nel conto corrente. Spesso, si tende a credere che aspettare sia una soluzione, ma nella maggior parte dei casi il non prendere una decisione è la peggiore delle decisioni». 

Massimo Taricco (Banca Patrimoni Sella & C.): «L’inflazione, insieme al conflitto russo-ucraino, che ha ulteriormente alimentato la stessa inflazione, è stata l’elemento caratterizzante del 2022 e un driver importante sul quale si è immediatamente focalizzata l’attenzione dagli addetti ai lavori. Un elemento percepito, invece, con un certo ritardo da parte degli investitori, almeno nella prima parte dell’anno, legato forse alla concezione che se ne aveva negli anni passati di un indicatore stabile, contenuto e basso. In questa occasione, dal punto di vista tecnico, il combinato disposto di guerra, carenza di materie prime e maggiori consumi ha fatto assistere a un cambio di politica monetaria piuttosto importante, con impatti significativi. Ciò, chiaramente, ha costituito una sfida nel rassicurare e assistere i clienti: mentre la volatilità dei mercati azionari è stata facilmente compresa, sono state metabolizzate con maggiore difficoltà le dinamiche di un mercato obbligazionario estremamente debole e negativo per effetto di una politica monetaria restrittiva volta a contenere la crescente inflazione».

Stefano Volpato (Banca Mediolanum): «L’inflazione ha contribuito a rendere urgente un’inefficienza storica del nostro sistema economico. Mi riferisco alla montagna di liquidità ferma da anni, in maniera infruttuosa, sui conti correnti degli italiani, che ha continuato a incrementarsi anche durante gli anni della pandemia. Sui 2 mila miliardi di euro bloccati nei conti degli italiani, un’inflazione all’11,8% crea un’erosione pari a un altro Piano nazionale di ripresa e resilienza! Quando l’inflazione era prossima allo zero, era più difficile convincere le persone che lasciare i soldi parcheggiati in conto era una scelta a dir poco inefficiente.  Agli attuali livelli dell’inflazione a tutti è ben chiaro che la liquidità in conto è un costo. Meno scontate sono le soluzioni percorribili».


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