Un aumento dei tassi della Fed di 25 pb è quasi scontato a febbraio, ma è decisiva la riunione di marzo. Gilles Moëc, Chief Economist di AXA Investment Managers

 

La parola “goldilocks” è apparsa spesso nella letteratura di mercato delle ultime settimane. La disinflazione sta emergendo senza un drastico deterioramento dell’economia reale, per ora. E in effetti le rilevazioni di dicembre hanno confermato i segnali già visibili a novembre: l’inflazione statunitense è in calo. Se si escludono gli affitti, per evitare di essere “ingannati” dalla loro natura intrinsecamente vischiosa, l’inflazione di fondo sta addirittura scendendo molto rapidamente.

Gilles Moëc

La prudenza è comunque fondamentale. È possibile considerare l’attuale configurazione dei prezzi come una “tregua” transitoria in cui le vecchie forze inflazionistiche guidate dall’offerta si stanno attenuando. E le nuove forze sul fronte della domanda, sostenute da un mercato del lavoro ancora robusto, non hanno ancora raggiunto il picco.

Per ora, la disinflazione in corso si scontra con una crescita salariale ancora forte. Su una base annua di tre mesi, i salari reali settimanali hanno smesso di scendere negli Stati Uniti.

Pensiamo spesso a un ciclo prezzi/salari, in cui i salari si avvicinano ai prezzi e alimentano l’inflazione. In questo caso, una sorta di gara tra prezzi e salari potrebbe descrivere meglio la posta in gioco. La tenuta del potere d’acquisto potrebbe ritardare il rallentamento dei consumi e dell’attività economica necessario per garantire lo stabilizzarsi del mercato del lavoro e l’avvio di una disinflazione veramente duratura.

In ogni caso, il linguaggio della Fed è stato abbastanza chiaro da far pensare a un ulteriore rallentamento del ritmo di rialzo a 25 pb per la prossima riunione del FOMC del 1° febbraio.

Tuttavia, verosimilmente sarà la riunione di marzo a essere cruciale, in quanto dovrebbe coincidere con un netto cambiamento di messaggio da parte della Fed affinché le attuali aspettative del mercato, un tasso terminale inferiore al 5%, vengano confermate.

Continuiamo a ritenere che sia troppo presto. Pensiamo che le banche centrali non saranno in grado di fermarsi prima di aver seriamente compromesso la domanda aggregata e raffreddato il mercato del lavoro. Ed è improbabile che ci arrivino entro la fine del 1° trimestre.

Questo diventerà un momento molto più complicato per loro. Secondo alcuni risultati empirici, il benessere percepito dalle famiglie è più penalizzato da un aumento della disoccupazione che da un’accelerazione dei prezzi. È probabile che il consenso sulla “buona battaglia” contro l’inflazione si stia erodendo.


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