Usa, Gilles Moëc, Chief Economist di AXA Investment Managers, la strategia della Casa Bianca potrebbe rivelarsi un boomerang

Se da un lato i nuovi dazi minacciano di spingere l’Eurozona verso una recessione, dall’altro i mercati iniziano a dubitare della solidità della stessa economia americana.

La guerra commerciale si riaccende, e stavolta pesa sul dollaro

Dopo un periodo relativamente tranquillo, l’amministrazione Trump ha rilanciato il confronto commerciale annunciando dazi del 50% su numerosi prodotti europei, con decorrenza dal 1° giugno. Una mossa che ha destabilizzato i mercati europei ma, in modo sorprendente, ha anche indebolito il dollaro rispetto all’euro. Un’anomalia per gli economisti, ma un chiaro segnale di sfiducia da parte degli investitori nei confronti della politica fiscale statunitense.

Il calo del dollaro, infatti, sembra riflettere i timori per le scelte di bilancio dell’amministrazione USA, in particolare dopo l’approvazione del controverso “Beautiful Budget Bill”. La sensazione prevalente è che la Casa Bianca stia cercando di gestire troppi fronti contemporaneamente: guerra commerciale, debito pubblico, inflazione, elezioni in vista.

Europa a rischio recessione, ma anche gli USA non sono immuni

I nuovi dazi, uniti all’apprezzamento dell’euro, potrebbero generare una contrazione del PIL europeo pari al 2% rispetto allo scenario attuale. Tuttavia, le ritorsioni dell’Unione Europea rischiano di colpire in modo tangibile anche l’economia statunitense. Contrariamente alla narrativa prevalente, infatti, il mercato europeo rappresenta per gli esportatori USA una destinazione più rilevante della Cina.

E mentre le aziende americane hanno posticipato molte scadenze finanziarie al 2028-2029 per evitare un “maturity cliff”, le famiglie statunitensi restano esposte: mutui più costosi, riduzione del potere d’acquisto e volatilità dei mercati potrebbero incidere sulla domanda interna, rallentando la crescita.

Trump in calo nei sondaggi, la Fed resta indipendente

Negli ultimi mesi, la moderazione commerciale aveva portato a una lieve ripresa della popolarità del presidente. Ma il nuovo inasprimento potrebbe compromettere anche questo fragile equilibrio politico, lasciando spazio all’Europa per una strategia negoziale più attendista, almeno fino alla scadenza fissata per il 9 luglio.

Una nota positiva arriva però dalla Corte Suprema americana, che ha riaffermato l’indipendenza della Federal Reserve. Jerome Powell, presidente in carica, resterà al suo posto fino al 2026, al riparo da eventuali pressioni politiche. Una garanzia di stabilità per la politica monetaria e un freno potenziale agli effetti inflazionistici duraturi che potrebbero derivare dai dazi.

Le tensioni commerciali internazionali non sono solo un rischio per l’Europa: anche gli Stati Uniti, finora percepiti come parte solida dello scacchiere globale, mostrano segni di fragilità. In questo contesto, investitori e analisti dovranno monitorare con attenzione le prossime mosse della Casa Bianca e le eventuali contromisure di Bruxelles.


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Redazione

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