Francesco Sandrini head of multi-asset balanced income & real return Amundi, partecipa al Focus Sostenibilità
Secondo voi, quali settori saranno più impattati da una più diffusa adozione dei criteri Esg nelle scelte di investimento?
«I flussi ingenti degli ultimi tre anni indirizzati verso fondi e soluzioni Esg hanno in qualche modo creato una distorsione nelle scelte di investimento. Finora ha prevalso spesso l’approccio dell’esclusione, che ha comportato, tra le altre cose, un sostanziale cambiamento di composizione dei principali benchmark o degli indici di mercato. In generale si è assistito a un incremento di peso all’interno di questi indici di fattori come la qualità e il growth (tecnologia, bio-medicale, etc), a scapito dei temi cosiddetti più ciclici o value (energia, industriali). Riteniamo che questa distorsione non sia destinata a chiudersi a breve, ma a cambiare fisionomia. Probabilmente un approccio più selettivo ai temi Esg e, in particolare, a quello della transizione energetica, sarà basato sulla scelta delle società “best in class”, che premierà le aziende che saranno meglio in grado di gestire sfide come la riduzione di emissioni di gas serra».
Environment, social e governance: su quale di questi tre aspetti si concentrerà maggiormente la vostra attenzione nel 2021?
«Anche se la nostra attenzione nella scelta delle aziende in cui investire sarà concentrata su tutti e tre i fattori, riteniamo comunque che l’ambiente, ossia la E, sarà l’elemento che guiderà la domanda di soluzioni. Ciò in quanto la cogenza dei temi sottostanti (riscaldamento globale con le sue numerose conseguenze), l’attenzione mediatica a essi riservata e la finalizzazione di una regolamentazione più consistente (Green deal) saranno volani nello sviluppo delle soluzioni di investimento e catalizzatori di attenzione per gli investitori».
Quali sono le sfide che le aziende devono affrontare in materia di sostenibilità?
«Il mercato è posizionato per garantire minori costi di finanziamento a tutte quelle società che saranno all’avanguardia nel fornire soluzioni a temi di transizione sociale e ambientale. Ma non basterà per le imprese avere buone idee, sarà altrettanto importante saperle comunicare agli azionisti, come pure alle piattaforme di analisi (Iss, Msci, etc) che sono responsabili dell’assegnazione di rating utilizzati da asset manager, distributori e investitori.
Sarà, infine, sempre più importante la misurabilità e la tracciabilità dell’impatto sociale delle aziende stesse all’interno delle comunità in cui operano».
La sostenibilità è diventata un tema guida anche per gli investimenti obbligazionari. Quali sono le sue considerazioni in merito?
«Partiamo da quella categoria di strumenti obbligazionari che sono strumentali per potere classificare un prodotto come proattivamente sostenibile (articolo 9 del Sfdr), ossia green e in generale social bond. Qui uniformità di criteri e di visione socio-politica sottostante gioveranno sicuramente al mercato dal punto di vista delle nuove emissioni. Venendo alle obbligazioni di società private, esse possono essere assimilate alle azioni, perché il rating Esg viene assegnato all’emittente, indipendentemente dal tipo di strumento nella capital structure. Nel caso di emissioni governative sovrane, l’applicazione di metriche aggregate Esg risulta meno agevole, innestandosi talvolta su scale di valori o scelte geopolitiche che sono fortemente influenzate da fattori non finanziari. In conclusione, è proprio in ambito obbligazionario che ci attendiamo l’evoluzione più dinamica, sia a livello della domanda degli investitori, sia a livello di strumenti disponibili».
Giuseppe Riccardi
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