Gabriella Berglund, branch manager Comgest Italy, partecipa al Focus sostenibilità
Quali saranno, secondo voi, i settori più impattati da una più diffusa adozione dei criteri Esg nelle scelte di investimento?
«In generale tutti i settori ne saranno impattati. Quello più sensibile potrebbe essere l’energia, che sarà sempre più orientata verso le fonti rinnovabili, dove il comparto delle utility sarà protagonista. L’investimento secondo criteri Esg sarà il tema dominante dei prossimi anni e diventerà sempre più mainstream, abbracciando tutto l’universo investibile.
L’introduzione della nuova tassonomia aiuterà questo processo e indirizzerà i mercati finanziari verso le aziende con basse emissioni di carbonio, creando una definizione condivisa di ciò che è considerato “green”. Fatta questa considerazione, ci sono settori come il tessile e la moda, soprattutto fast fashion, che devono fare i conti con i problemi legati allo sfruttamento delle risorse naturali, soprattutto l’acqua, e con l’impiego di mano d’opera a basso costo nei paesi emergenti. In generale tutto il comparto dei consumi deve prestare maggiore attenzione alla catena di approvvigionamento e all’utilizzo energetico inquinante per la produzione dei beni».
Quali sono le sfide che le aziende devono affrontare in materia di sostenibilità?
«Le società saranno chiamate a essere ancora più trasparenti nel comunicare come i risultati raggiunti siano in linea con i criteri ambientali. La pandemia ha colpito duramente il tessuto economico e alcuni settori hanno sofferto più di altri. Le aziende leader stanno adattando i loro modelli di business alle mutate aspettative degli investitori e dei consumatori e, così facendo, si stanno posizionando per generare valore a lungo termine per gli azionisti. Non si tratta solo di risk management, bensì anche di una migliore gestione del capitale umano e della tutela dell’ambiente.
Come Comgest, abbiamo integrato i fattori Esg all’interno della nostra ricerca e del processo di investimento e ciò ci permette di identificare i leader di settore che si stanno preparando ad affrontare i rischi ambientali e sociali. In qualità di azionisti, siamo a fianco degli altri investitori nel promuovere iniziative che spingano le aziende a fare propri questi principi di sostenibilità e a migliorare le loro pratiche di business e di governance, mitigando i conflitti di interesse.
Il valore aggiunto del nostro approccio all’investimento consiste nello scoprire i punti di forza e di debolezza nascosti delle imprese, i rischi e le opportunità. Un investimento va valutato nella sua totalità, tenendo in considerazione non solo i bilanci d’esercizio e lo stato patrimoniale, ma anche la rendicontazione non finanziaria. Non farlo porterebbe a scelte non ottimali».
In materia di sostenibilità, quali pensa che siano gli aspetti che il Covid-19 ha reso più cogenti?
«Il Covid ha rappresentato un fattore catalizzatore di dinamiche che erano già presenti sul mercato, anche in termini di sostenibilità. Se guardiamo a livello borsistico, i settori meno sostenibili sono stati penalizzati, mentre quelli con un alto livello di sostenibilità hanno avuto performance spettacolari. In generale, la pandemia ci ha in qualche modo resi ancora più consapevoli della necessità di una valida transizione energetica e di un cambiamento di stili di vita, meno “usa e getta” e più sensibili a un modello di economia circolare.
Se da una parte la sospensione dei voli aerei e l’interdizione ai viaggi ci ha costretti a rimanere fermi, dall’altra ci ha resi più consci del miglioramento della qualità dell’aria e di quanto ciò sia importante per la nostra vita e di quella delle generazioni future. Le aziende che erano poco resilienti lo sono diventate ancora meno con il Covid, quelle invece costruite su un modello di business solido o che rappresenta un megatrend hanno consolidato la loro crescita e la loro quota di mercato in tutti i settori. Nelle nostre scelte di investimento, ad esempio, non abbiamo evitato i settori maggiormente colpiti dalle ricadute dei prolungati lockdown, ma abbiamo individuato al loro interno le imprese leader sufficientemente pronte a superare le difficoltà del momento e capaci di rafforzare la propria posizione nonostante tutto.
Nei consumi, solo le aziende capaci di adeguarsi alle nuove sfide della digitalizzazione potranno continuare a crescere. Ovviamente la tecnologia e l’healthcare hanno già beneficiato degli effetti Covid, ma essendo dei megatrend per gli anni futuri, riscuoteranno ancora interesse post pandemia. Infine, tutte le società legate alla trasformazione energetica, come i produttori di automobili elettriche o le nuovi fonti di energia, stanno gradualmente cominciando a togliere quote di mercato al grande settore automobilistico tradizionale».
A marzo entrerà in vigore il nuovo regolamento sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari (Sfdr). Quali sono gli impatti che si attende per i gestori, i distributori e la clientela finale?
«Già adesso si possono vedere i notevoli impatti legati alla nuova normativa, perché le persone che lavorano nei dipartimenti Esg o nella compliance sono completamente occupati a predisporre le misure necessarie per recepire la Sfdr. La prima cosa da fare è lavorare su una nuova reportistica per i fondi, più dettagliata e che risponda a quanto indicato negli articoli 6, 8 e 9. Tutto ciò comporterà costi supplementari, sia per le società di gestione, sia per i distributori, ma permetterà una migliore informazione per la clientela finale che sarà in grado di valutare in modo obiettivo il livello di sostenibilità dei vari portafogli.
La nuova regolamentazione sarà uno spartiacque e le società che non avranno modo di adattarsi a questo cambiamento troveranno difficoltà a sopravvivere. Comgest ha la fortuna di gestire solo portafogli azionari, con uno stile di investimento che si focalizza su aziende di elevata qualità e un livello di reportistica già dettagliato e integrato con i principi di sostenibilità».
Redazione
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