Negli ultimi anni il mondo della finanza sostenibile ha vissuto un cambiamento radicale. Fino a poco tempo fa, parlare di ESG significava citare “l’investimento del secolo”: un tema dominante, quasi incontestabile. I pochi che non credevano davvero nel valore della sostenibilità ambientale, sociale e di governance preferivano tacere.

Le istituzioni europee, intanto, regolamentavano il settore e rafforzavano la lotta al greenwashing, dando ulteriore credibilità e slancio agli investimenti ESG.

Il contesto attuale

Oggi, però, lo scenario è più complesso. Negli ultimi due anni, alcune forze politiche hanno iniziato a mettere in discussione l’intero comparto, criticando le politiche ambientali più rigide e i costi legati alla transizione verde. Quando è arrivato il momento di “mettere mano al portafoglio” – sostituendo vecchie auto inquinanti o impianti di riscaldamento obsoleti – molti hanno iniziato a chiedersi se l’ESG fosse davvero così indispensabile.
Le parole del presidente degli Stati Uniti all’ONU, che ha definito la sostenibilità “una truffa”, hanno poi amplificato lo scetticismo, facendo crescere la popolarità dei negazionisti.

Ma come reagiscono, in questo contesto, le società di consulenza finanziaria che negli anni hanno promosso prodotti classificati come articolo 8 e 9 secondo la normativa SFDR? Continuano a credere nella sostenibilità o si stanno orientando verso settori più “di moda” come intelligenza artificiale e difesa?

Le risposte raccolte da Fondi&Sicav sono chiare: la fiducia nell’investimento ESG resta alta.

I contributi

• Simone Chelini, head of Esg & strategic activism di Fideuram–Intesa Sanpaolo Private Banking, 

• Carmine Da Fermo, direttore investimenti di Sella Sgr,

• Paolo D’Alfonso, co-direttore investment department di Finint Private Bank,

• Cristian Liborio, direttore servizi di investimento di Banca Mediolanum