Furio Pietribiasi, ceo Mediolanum International Funds, partecipa al Focus sostenibilità

Quali pensa che saranno i settori più impattati da una diffusa adozione dei criteri Esg nelle scelte di investimento?

«Siamo convinti che, nel medio e lungo periodo, tutti i settori saranno impattati dall’adozione dei criteri Esg, così come lo saranno tutte le aziende indipendentemente dalla loro capitalizzazione. Nel breve le ricadute saranno soprattutto sui comparti più esposti ai temi di carattere ambientale e al cambiamento climatico: l’energia, la chimica, l’industriale, le infrastrutture e le costruzioni.

Le società di grandi dimensioni sono già state sottoposte a una serie di sollecitazioni anche di carattere regolamentare, ma gradualmente ci attendiamo che l’onda lunga toccherà anche le Pmi. In quest’ultimo universo ci aspettiamo una graduale accelerazione, soprattutto da parte delle aziende che hanno una lunga storia alle loro spalle e necessitano di mettersi al passo con le esigenze e le sollecitazioni che arrivano dal mercato. Inoltre non va dimenticato che le Pmi sono realtà attive, per la maggior parte dei casi, all’interno di catene dell’approvvigionamento in cui è la stessa capofila a richiedere una loro conformità e l’adesione ai criteri Esg.

Ma anche quelle imprese che risentono meno di questo aspetto dovranno necessariamente adeguarsi a un indirizzo che il mercato dei capitali ha fatto proprio, se non vorranno essere penalizzate. Per quelle di recente formazione, invece, come le start -up, l’impronta della sostenibilità è già presente e ne è quasi un elemento distintivo».

Quali sono le sfide che le aziende devono affrontare in materia di sostenibilità?

«La sfida più grande è l’aspetto culturale, perché, quando si parla di sostenibilità, a volte, si rischia di essere effimeri nelle definizioni ed esprimere opinioni diverse in merito allo stesso concetto.

All’interno di un’azienda, l’organizzazione non può prescindere dall’aspetto formativo che deve permeare tutta la struttura. L’educazione e la formazione in senso lato sono gli ingredienti della cultura di impresa che distingue una società e ne sono il motore. Si pensi, ad esempio, all’introduzione delle certificazioni Iso, che ha portato le aziende ad adottare le best practice all’interno di una serie di attività e comprovare la rispondenza di un prodotto o di un servizio ai requisiti specificati dalle norme: l’introduzione di una normativa ha spinto le imprese in un processo virtuoso che è stato reso possibile anche da un investimento in educazione.

La sostenibilità deve essere un concetto che deve entrare a fare parte del Dna di un’azienda e ciò deve avvenire con un livello di consapevolezza da parte di tutti i suoi attori. Non si tratta, né di cavalcare l’onda, né di coglierne gli aspetti più opportunistici, perché vorrebbe dire pensare alla sostenibilità in modo frammentario e perderne il valore».

La sostenibilità è diventata un tema guida anche per gli investimenti obbligazionari. Quali sono le sue considerazioni in merito?

«La sostenibilità è diventata un tema guida anche per i mercati obbligazionari, con una forte crescita registrata nel 2020 e attese che questa evoluzione caratterizzi anche gli anni a venire. A questo proposito è necessario, però, fare una distinzione tra obbligazioni corporate e governative.

Per le prime, in merito all’adozione di criteri Esg nelle politiche di investimento, ci sono molti  punti in comune con l’asset class azionaria, anche se la copertura delle società è molto più limitata, poiché molti emittenti  non sono quotati. È un segmento dove investire seguendo principi di sostenibilità richiede forti competenze, proprio per la profondità stessa del mercato e la carenza di dati cui attingere per operare le valutazioni. Riteniamo quindi che siano necessari team molto specializzati, che sappiano fondere le analisi del credito con quelle Esg, seguendo un processo che richiede un’attenta attività di due diligence e di approfondimento.

Per quanto riguarda, invece, le obbligazioni governative, il quadro è più complesso, nonostante possa sembrare più semplice guardare ai singoli paesi anziché alle aziende. Inoltre, all’interno di questo segmento, c’è anche la distinzione tra i mercati sviluppati e quelli emergenti. Per quanto riguarda questi ultimi, è  importante sottolineare che un’analisi di sostenibilità è dirimente per evidenziare i miglioramenti che si possono registrare nei singoli paesi e fare in modo che, a fronte di evidenze, ciò faciliti il flusso di capitali per sostenerne la crescita».

A marzo entrerà in vigore il nuovo regolamento sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari (Sfdr). Quali sono gli impatti che si attende per i gestori, i distributori e la clientela finale?

«Riteniamo che tutto ciò che aiuta a creare trasparenza nei confronti del cliente sia un’iniziativa da abbracciare. Sappiamo che con la nuova disclosure dovranno essere aggiornati anche i Packaged retail and insurance-based investment products (Priips) e saremo chiamati a chiarire i dettagli sulla presentazione e sul contenuto delle informazioni ai sensi degli articoli 8 e 9 dell’Sfdr.

Ci sarà un impatto sulla documentazione, ma servirà a fare chiarezza sul tema e sarà un contributo fondamentale per contrastare le pratiche di greenwashing. Al gestore sarà chiarito meglio quello che deve essere l’indirizzo delle politiche di investimento, ma la cosa più importante  sarà lo sforzo educativo che le aziende dovranno mettere in campo affinché tutto questo processo possa compiersi nella sua interezza. Per il momento non ci sono ancora parametri definiti su come andare a misurare i criteri Esg, ma gli sforzi dovranno andare nella direzione di rendere il più chiaro possibile il messaggio che si trasmette alla clientela.

È un processo in fieri che avrà bisogno di tempo e di essere raffinato per raggiungere modalità e linguaggio condivisi, in sintonia con quanto emergerà dalla tassonomia. L’Sfdr è un passaggio fondamentale per ridurre l’incertezza delle aziende, dei gestori, dei distributori e della clientela finale, con uno sforzo educativo importante, ma imprescindibile, per trovare i modi adeguati di comunicare la sostenibilità».

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