Fabio Caiani, managing director head of South East Europe Nordea AM, partecipa al Focus Sostenibilità

Environment, social e governance: su quale di questi tre aspetti si concentrerà maggiormente la vostra attenzione nel 2021?

«Riteniamo che le tematiche sociali avranno (e hanno tuttora) un ruolo centrale. Perciò ci orienteremo principalmente sulla “S” dell’acronimo Esg, per quanto essa sia stata un po’ dimenticata negli ultimi anni e l’attenzione si sia concentrata più verso la “E”.

Fondamentalmente le ragioni che sottendono la nostra scelta sono tre: 

Dobbiamo rafforzare la nostra società nell’immediato: la crisi pandemica ha esacerbato diverse fragilità sociali latenti o sottovalutate. Problemi come ingiustizia sociale, discriminazione, emergenza sanitaria e la sicurezza sul luogo di lavoro si sono aggravati, creando divari ancora più profondi. 

C’è una notevole opportunità di investimento: circa i due terzi degli Sdg sono dedicati a obiettivi sociali. Le Nazioni Unite hanno stimato che per riuscire a raggiungere questi traguardi occorrono da 4 a 6 trilioni di euro all’anno. A oggi i flussi di investimento ne coprono solo metà. I governi si stanno adoperando per agevolare e supportare questi flussi attraverso la spinta regolamentare. Le imprese quindi che già offrono soluzioni allineate a colmare le lacune sociali sono ben posizionate per beneficiare di questo trend. 

Si può fare la differenza: allocando il capitale in questi business si può concretamente ottenere un rendimento interessante e creare un impatto positivo in aree sociali estremamente importanti, come garantire i bisogni essenziali, promuovere l’inclusione e sollevare la qualità di vita media della popolazione.      

Un’ulteriore riprova di quanto detto è il successo e l’attenzione che sta avendo la nostra nuova strategia Global Social Empowerment in termini di attenzione e flussi di investimenti. Ed è stata lanciata solo a dicembre 2020».   

Quali sono le sfide più importanti che le imprese devono affrontare in materia di sostenibilità?

«La prima principale sfida è fare fronte alla pandemia. Questo stress test “estremo” ha premiato le aziende con un profilo Esg solido e condannato invece i competitor più deboli. Il Covid-19, inoltre, ha accelerato trend come l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, costringendo i business a innovare per sopravvivere. Il tutto è avvenuto nel quadro dell’emergenza sanitaria che ha (come già anticipato) ribadito l’importanza di avere un business model sostenibile e resiliente. 

• Ping An Good Doctor, ad esempio, è un’azienda di servizi sanitari on line cinese. Durante la pandemia si è distinta per fare incontrare domanda e offerta accorciando i tempi di attesa per i pazienti e distribuendo in modo più efficiente gli appuntamenti nel proprio network di cliniche. Grazie a una piattaforma digitale ottimale è ben posizionata per registrare una crescita significativa nei prossimi anni.

• La pandemia ha complicato la vita a numerosi studenti. L’azienda norvegese Kahoot! mette a disposizione di milioni di giovani nel mondo programmi scolastici per potere proseguire il proprio percorso di studi. Inoltre Kahoot! permette agli insegnanti di trasformare i loro programmi in un formato digitale divertente e coinvolgente, che ha una diffusione più ampia ed è molto più efficace dei mezzi tradizionali. A oggi 800 milioni di studenti hanno beneficiato di questa piattaforma. 

Sul lato ambientale la decarbonizzazione è un obiettivo altrettanto impegnativo e importante. Le aziende che non sono allineate con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi rischiano di essere tagliate fuori dal mercato. Per adeguarsi occorrono ingenti investimenti per trasformare asset e business. Attraverso la partecipazione e iniziative internazionali come la Climate Action 100+ supportiamo e accompagniamo le imprese in questa fase di transizione per ben posizionarsi strategicamente in un’economia a basse emissioni. 

Infine la trasparenza. Quest’anno è l’anno della nuova regolamentazione europea in materia di investimenti sostenibili. Le aziende dovranno offrire agli investitori informazioni affidabili e complete non solo riguardo l’impatto ambientale, ma anche concernenti la governance e le condizioni dei propri lavoratori.

Ritiene che il greenwashing e il socialwashing possano essere fenomeni che minano la credibilità dell’investimento sostenibile?

«È chiaro che, in mancanza di regole standardizzate e universali, si può correre il rischio di incappare in esagerazioni o rappresentazioni distorte delle credenziali Esg di una soluzione di investimento. Questi due fenomeni sono destinati comunque a diminuire progressivamente, man mano che la tassonomia Esg verrà delineata e le linee guida su reportistica e classificazione dei prodotti saranno implementate. 

Inoltre ci sono altri due elementi da non dimenticare:

• Al momento la presenza di accordi e iniziative internazionali (in primis i Principi di investimento responsabile delle Nazioni Unite) garantisce standard e prassi che permettono all’investitore di orientarsi. Noi, ad esempio, siamo a capo dell’Advisory group della Ssb dedicata e implementare metriche standard di sostenibilità nelle aziende a livello mondiale.

• Le agenzie di certificazione Esg indipendenti (i cosiddetti label), pur agendo a livello nazionale, presentano criteri allineati indicatori della qualità Esg di un fondo. Le quattro principali agenzie europee certificano i nostri fondi.  

Fino a oggi greenwashing e socialwashing non hanno certo fermato l’interesse degli investitori. Basti pensare che ci sono più di 30 trilioni di dollari gestiti in fondi Esg e la domanda di queste strategie si è più che mai irrobustita».  

A marzo entrerà in vigore il nuovo regolamento sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari (Sfdr). Quali sono gli impatti che vi attendete per i gestori, i distributori e la clientela finale?

«Come asset manager dobbiamo essere allineati per quanto riguarda la trasparenza, la reportistica e la classificazione prodotti. Per noi non sarà un impatto dirompente, perché da sempre consideriamo la sostenibilità come parte integrante dei nostri processi. Ora si tratta “solo” di allineare la reportistica. A marzo pubblicheremo il nuovo prospectus e renderemo disponibili sul nostro sito tutte le informazioni richieste dalla normativa. Stiamo già pubblicando report sull’impatto generato dai nostri fondi Esg e attualmente stiamo lavorando per irrobustire i fogli informativi mensili con ulteriori informazioni Esg.

Per quanto riguarda distributori e consulenti ci sono alcuni aspetti che riteniamo fondamentali: 

• come integrare il rischio legato alla sostenibilità nella propria governance, che include l’individuazione di Kpi e il documentare la gestione dei conflitti di interesse; 

• la valutazione delle preferenze in merito alla sostenibilità e l’assunzione di un processo di valutazione, classificazione e vendita dei differenti prodotti a livello di distribuzione, la costruzione di processi adatti e relativa documentazione; 

• dovranno essere implementati training regolari lungo tutta la catena del valore». 

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Giuseppe Riccardi

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