Oliver Blackbourn, multi-asset portfolio manager di Janus Henderson Investors, analizza i tassi di inflazione UE attuali e attesi, tracciando un paragone con i numeri negli Stati Uniti.
L’inflazione dell’Eurozona si è attestata all’1,6% su base annua, in linea con le aspettative della BCE, ma ancora al di sotto dell’obiettivo dichiarato del 2%.
Inoltre, l’inflazione core di aprile è diminuita rispetto a marzo e rimane costantemente contenuta allo 0,8%. Il consensus prevede che l’inflazione complessiva aumenti nel corso del 2021, prima di scendere nel 2022 a livelli più coerenti con l’ultimo decennio.
Sia l’inflazione complessiva che quella core hanno registrato una media dell’1% negli ultimi 9 anni, decisamente al di sotto rispetto all’obiettivo della BCE.
Non è chiaro se i cambiamenti avvenuti nell’Eurozona siano sufficienti a determinare una crescita dell’inflazione nel lungo periodo.
Lo stimolo fiscale presentato finora è significativamente in ritardo se paragonato al continuo impulso che il governo statunitense sta garantendo alla propria economia.
Le iniziali divisioni politiche sono state superate lo scorso anno, grazie ad di un dialogo costruttivo legato al fondo di recupero NextGenerationEU, ma la cui attuazione si sta rivelando una questione spinosa.
Sebbene il fondo da 1,8 mila miliardi di euro sia lodevole e di importanza epocale, gli Stati Uniti hanno continuato ad alimentare la domanda con pacchetti multipli di dimensioni simili, nonostante le economie siano di proporzioni paragonabili.
Inoltre, il Governo americano sta fornendo un sostegno alla spesa già da adesso, cercando al contempo di favorire una spesa infrastrutturale continua per il futuro. L’Europa è riuscita a provvedere adeguatamente solo a quest’ultimo aspetto.
Redazione
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