a cura di Pinuccia Parini
Il XX congresso del Partito comunista cinese si è ormai chiuso, confermando ciò che era atteso: la leadership di Xi Jinping.
Sia le nomine del Politburo, sia quelle del Comitato permanente hanno sancito il consolidamento del suo potere e realizzato la sua volontà di avere il più ampio controllo degli organi decisionali all’interno del partito attraverso figure politiche a lui molto vicine.
Se, così facendo, abbia o meno ignorato ciò che uno dei suoi predecessori, Deng Xiaoping, aveva identificato come una delle disfunzioni del Pcc sotto l’egida di Mao, ovvero la concentrazione del potere nelle mani di una persona sola, è tema di discussione.
Gli episodi di contestazione al rieletto leader non sono mancati, anche se su piccola scala, ma sono stati subito censurati. Per quanto limitati, esprimono forse un malcontento non così circoscritto che è riconducibile alla debolezza dell’economia, all’elevato tasso di disoccupazione tra i giovani e alla politica di tolleranza zero nei confronti del Covid. Ora che le luci si sono spente sul congresso, sarà fondamentale vedere quali saranno le decisioni che il governo prenderà nei mesi a venire e, in particolare, se ci sarà un ritorno a quel pragmatismo che ha permesso, negli anni precedenti, la crescita del paese.
I 10 anni di Xi a capo del Partito comunista hanno fatto segnare progressi significativi, soprattutto in termini di crescita e di innalzamento del reddito pro capite, ma gli ultimi due hanno presentato diverse criticità. La stretta regolamentare ha creato tensioni nel sistema produttivo, la politica estera non è stata scevra di frizioni che si sono acuite, la politica della “doppia circolazione” necessita tempo per essere implementata e la gestione della pandemia ha generato diversi problemi, sia economici, sia sociali. Il concetto di “prosperità comune” è stato ribadito dal leader del partito, con la consapevolezza che occorre gradualità affinché non si possano generare ricadute negative
Ciò detto, l’economia cinese rimane debole, nonostante il rimbalzo del Pil nel terzo trimestre, sopra le attese del mercato, ma probabilmente non sufficiente per raggiungere il target del 5,5% che Pechino si è data. Le misure draconiane sull’epidemia di Covid-19, insieme alla crisi del mercato immobiliare, sono stati due importanti freni all’attività e, si potrebbe dire, hanno gettato anche ombre sulla leadership di Xi. La situazione, a tendere, se lo status quo dovesse continuare e nonostante il Fmi stimi un Pil del 4,4% per il 2023, rischia di diventare più complessa, visto l’atteso rallentamento dell’economia globale.
I due problemi più cogenti da affrontare sono la crisi del mercato immobiliare e la politica della tolleranza zero. La prima è esplosa nel 2021, con il caso Evergrande, il secondo più grande developer del paese, che non aveva pagato le cedole sui bond ai propri sottoscrittori ed è stato successivamente dichiarato in default da S&P Global. A seguire, altre società del settore immobiliare si sono trovate in situazioni di crisi di liquidità, a causa di un peggioramento generalizzato del mercato delle case, con una diminuzione dei prezzi e un calo della domanda. Le ragioni di questo deterioramento, anche se indirettamente, sono da ricercare nell’introduzione di limitazioni al livello di indebitamento delle società di sviluppo immobiliare introdotte dal governo.
PROBLEMI ATAVICI
A esse si sono aggiunti i problemi atavici del settore, le cui sorti sono strettamente legate alle politiche dei governi locali, le cui entrate sono condizionate dal real estate, e per tale ragione, possono subentrare fenomeni di distorsione del mercato. La casa pesa per circa due terzi della ricchezza di una famiglia urbana cinese e il settore immobiliare è circa il 15-20% del Pil del paese. Il calo dei prezzi delle abitazioni e le chiusure legate alla pandemia sono stati due ingredienti che hanno influenzato l’andamento dei consumi.
Il secondo aspetto che ha afflitto l’attività economica è stato, appunto, la gestione del Covid-19, nonostante il buon contenimento della diffusione del virus, sia nel 2020, sia nel 2021. È stata la prosecuzione di questa politica nel 2022, a fronte di un numero di casi anche contenuti, che ha portato alla chiusura di importanti centri industriali come Shanghai, con ricadute significative sull’attività, sugli investimenti e sui consumi personali. Il vero traino della crescita del Pil negli ultimi due trimestri è stato infatti costituito dalle le esportazioni, che si sono dimostrate forti anche nel primo quarto dell’anno. In questo contesto, le imprese private cinesi, che rappresentano i due terzi della produzione totale e i quattro quinti della forza lavoro, hanno sofferto particolarmente.
Ci saranno cambiamenti nel prossimo futuro in merito all’adozione di questi stringenti lockdown? Durante il congresso, e non poteva essere altrimenti, non sono state fornite indicazioni in merito. Le attese sono che, con graduale flessibilità, alcuni allentamenti saranno introdotti, ma , al momento, mancano ancora evidenze in merito.
QUALI MISURE DI STIMOLO?
Quali misure di stimolo potranno essere adottate? Nella situazione attuale, sia la politica monetaria, sia quella fiscale, possono essere di sostegno alla ripresa. Per il momento, segnali tangibili sono venuti da parte della Banca centrale, mentre le risposte sul lato fiscale non sono state incisive. Sempre nel suo discorso al Congresso, Xi ha dichiarato di volere perseguire uno sviluppo di elevata qualità, con l’obiettivo di aumentare il reddito medio disponibile, fornendo un ambiente favorevole affinché ciò avvenga. Il target finale è la modernizzazione socialista entro il 2035 e rendere la Cina un grande paese prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonioso nei 15 anni successivi. Come saranno raggiunti questi obiettivi? Probabilmente con stimoli mirati, evitando investimenti a pioggia, così come avvenne nel 2008.
FORTE RICHIAMO AI VALORI
Bisognerà quindi attendere i prossimi mesi e vedere come si espliciterà la politica di Pechino. Per il momento, rimane forte il richiamo ai valori che l’attuale leadership aveva già in precedenza fatto propri (economic prosperity) e all’unità del partito, soprattutto per garantire stabilità e sicurezza al paese, anche a costo della crescita. L’aspirazione di fondo è riportare la Cina a ricoprire un ruolo primario nello scenario globale. Quale sarà il percorso attraverso cui tale obiettivo sarà perseguito e a quale prezzo sono i quesiti cui dare una risposta.
Discutono di questi temi David Rees, senior emerging markets economist di Schroders, Giampaolo Isolani, head of Em investment solutions & marketing intelligence di Amundi, Xiaolin Chen, head of international, di Kraneshares, Alec Jin ed Elizabeth Kwik, ambedue investment director asian equities di abrdn, Caroline Maurer, Head of China and Hong Kong Equities di Hsbc Asset Management e il team di gestori di Fidelity International.
Leggi i contributi
abrdn: «Ci aspettiamo ulteriori politiche a sostegno dell’economia»
Amundi: «Puntiamo sulle piccole e medie capitalizzazioni»
Schroders: «Una crescita migliore del previsto»
Kraneshares: «Alcuni segnali positivi»
Hsbc Asset Management: «Ci aspettiamo che sarà sostenuta la crescita»
Fidelity International: «Opportunità di riposizionamento per le nuove modalità di crescita»
Pinuccia Parini
Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav

