I bond emergenti in valuta forte hanno perso oltre il 10% nel primo trimestre dell’anno, mentre la performance delle obbligazioni emergenti in valuta locale è scesa meno del 3%.

Abbiamo chiesto alle principali società di gestione del risparmio quali sono stati i principali fattori che hanno impattato negativamente sul rendimento dei bond emergenti degli ultimi mesi.

Le obbligazioni dei mercati emergenti denominate in valuta forte hanno sofferto in modo sproporzionato a causa della loro duration relativamente lunga, essendo state colpite sia dall’aumento dei livelli di rendimento occidentali sottostanti, sia da spread creditizi nettamente più elevati.

Il debito in valuta locale, invece, ha risentito molto meno. Escludendo la Russia, l’asset class sarebbe stabile da inizio anno, sostenuta anche da una duration più corta e dalla solidità delle valute degli esportatori di materie prime.

Oltre la metà della performance negativa si deve agli aumenti generalizzati dei tassi di interesse legati alle pressioni inflazionistiche, al rialzo dei treasury americani e allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, con rialzi dei prezzi dell’energia (il petrolio è salito oltre i 100 dollari al barile per la prima volta dal 2014) e dei prodotti agricoli.

Un altro fattore macro che ha influito negativamente è stato l’apprezzamento del dollaro. Gran parte del debito emergente è denominato in USD e un apprezzamento del dollaro aumenta il grado di leverage rispetto alla valuta locale di riferimento.

Quale evoluzione potrebbe dunque essere plausibile nei prossimi mesi per l’universo delle obbligazioni emesse dai paesi emergenti?

Con l’impennata dei prezzi delle materie prime, l’orientamento dei gestori intervistati è verso i Paesi esportatori, come America Latina, Medio Oriente e Africa. Mentre viene espressa cautela nei confronti degli importatori di commodity con stretti legami commerciali con la Russia, che stanno subendo uno shock esterno e un deterioramento fiscale (Europa centrale e orientale).

Sono appetibili i bond in valuta locale perché i tassi di interesse sono già saliti parecchio, le banche centrali sono in anticipo rispetto alla Fed e le valute emergenti sono stabili rispetto all’euro.

Rispetto al debito governativo/sovrano, che risente dell’aumento dei tassi a livello globale, il credito societario si è dimostrato più resiliente durante la fase di sell-off ed è ben posizionato.

In termini di scadenze, i gestori suggeriscono un profilo di duration complessivamente contenuto. Il consiglio è rimanere nella parte breve e media della curva (scadenza da 3 a 7 anni), meno reattiva ai movimenti dei tassi d’interesse americani.

Dal punto di vista del rating, infine, i gestori si dividono tra chi favorisce il segmento investment grade e chi quello high yield.

Nel medio e lungo periodo le opportunità non mancano, ma è fondamentale operare un’oculata selezione dell’universo obbligazionario emergente.

Di seguito tutti i contributi:

 


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Redazione

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