I corporate bond nel 2022 sono stati penalizzati dall’aumento dell’inflazione e dalla conseguente reazione delle banche centrali. Quali sono le aspettative per l’anno in corso? E su quali tipologie di corporate bond è meglio puntare in questa fase di mercato? Lo abbiamo chiesto alle principali società di gestione del risparmio.
Dopo il repricing dello scorso anno e i movimenti registrati nel mese di febbraio l’appetito per il segmento delle obbligazioni corporate resta buono. Con il calo dell’inflazione e delle preoccupazioni per la crescita, la Fed quest’anno potrebbe rallentare la stretta monetaria e le obbligazioni di elevata qualità tornare a offrire un reddito maggiore.
Buona parte delle difficoltà legate ai tassi di interesse sembrano dunque ormai alle spalle e le classi di attivo a reddito fisso offrono ora rendimenti interessanti.
Nel 2023 è prevista una solida performance del credito nell’Eurozona, grazie ai robusti fondamentali e alle revisioni al rialzo della crescita, sebbene non si possano escludere episodi di volatilità nel breve periodo.
Nell’ambito dei corporate bond, la maggior parte degli intervistati privilegia i titoli con rating Investment Grade rispetto a quelli ad alto rendimento, poiché sono meglio preparati ad affrontare il rialzo dei costi del finanziamento del debito e offrono un profilo di rischio interessante. Viene suggerita una duration di quattro-otto anni, ideale per investire a medio termine.
La tendenza è quella di evitare le società più indebitate, con merito creditizio basso poiché potrebbero subire la pressione di tassi di interesse elevati per un periodo di tempo prolungato.
A livello settoriale bene i finanziari, in particolare le banche, sostenute dal miglioramento dei margini, dalle positive sorprese macroeconomiche degli ultimi mesi, nonché dai buoni livelli di capitalizzazione raggiunti. Positivi anche i titoli subordinati, emessi sia da società finanziare sia da società industriali.
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Redazione
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